Il vescovo sulla redefinizione dei confini Trapani- Erice |
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luned́ 20 dicembre 2004 |
Una lettera al presidente dell'associazione "Per le città che vogliamo"
Ecco il testo della lettera che il vescovo Francesco Miccichè ha inviato a Giacomo Tranchida, presidente dell'associazione "Per le città che vogliamo".
L’operazione, che ridisegna l’area urbana di Trapani ed Erice Casa Santa in un’unica realtà comunale, appare ai miei occhi inderogabile e necessaria. Legata al nuovo assetto dell’area urbana è la sorte di Erice vetta da non relegare alla marginalità di borgata sia pure illustre. C’è una storia che riguarda Erice vetta e il suo territorio denominato agro ericino che non può essere azzerata. Sarebbe folle sradicare Erice dal suo naturale contesto, dal suo ruolo storico che va oggi ovviamente ripensato e rilanciato da tutte quelle realtà che interagiscono nel territorio: Chiesa, Università, Centro Scientifico “E. Maiorana”, Provincia, Paesi dell’agro ericino, Trapani. Auguro che il dibattito serva a fare chiarezza e a dare un imput a quel cammino di integrazione che porta a far decollare le potenzialità di Trapani, di Erice e dell’intera Provincia. I benefici di questa operazione non sono solo di ordine amministrativo e non riguardano solo i servizi pubblici, ma ricadono sull’intero assetto socio-economico-culturale-religioso del territorio, ne ridisegnano e definiscono l’identità culturale, danno le coordinate del futuro sviluppo. Sarebbe grave iattura se i politici non fossero concordi nel progettare e promuovere questo nuovo e ovvio assetto territoriale. Si discuta pure, ma prevalga l’amore per questa Trapani e per Erice vetta e la comune volontà di arrivare a una decisione che significhi il meglio per questa città, la sua storia e il suo futuro
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