L’uomo che non riflette in tempo sui mali che la mafia procura nella società, prima o poi sarà vittima di qualche misfatto. Chi si tappa occhi e orecchie davanti ai crimini non ha alcun diritto di urlare. Nella tragica storia della lotta alla mafia c’è tanta parte dei problemi di una lotta spesso enunciata solo retoricamente dallo Stato e praticata soltanto da alcuni suoi funzionari, ma anche da tanta gente comune che ha donato la sua vita. Tra questi oggi l’Azione Cattolica Diocesana di Trapani ricorda nel trentesimo anniversario della sua uccisione il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. Ciaccio Montalto fu un «uomo dal candido coraggio», si imbatté nella mafia che cominciava a cambiare pelle, quella che oggi chiamiamo «sommersa» e allora si cominciava ad interessare di appalti (1550 banditi e assegnati nel solo biennio 83/85 a Trapani, quasi tutti finiti intercettati da Cosa Nostra). Era la mafia che cercava di arrivare dentro il Palazzo di Giustizia, oggi è la stessa mafia che spesso influenza la società. Infatti spesso il peggiore nemico che abbiamo da combattere non è tanto la mafia in sé, quando la «mafiosità», ovvero un certo modo di pensare e di organizzare la società. Ciò richiede un nuovo patto tra cittadini e istituzioni, nella consapevolezza delle proprie responsabilità, certi che un’Italia diversa è possibile. Usando le parole dell’ex procuratore di Bologna, Enrico De Nicola, «il ricordo è la traccia da seguire per il futuro» oggi ricordiamo e ringraziamo il giudice Ciaccio Montalto se in questa lotta vogliamo essere parte attiva nella quotidianità di ogni luogo che viviamo.

Gino Gandolfo Presidente dell’Azione Cattolica diocesana di Trapani