Il vescovo chiude la processione dei "misteri" di Trapani con gli immigrati che invocano la protezione di Maria
Tre immigrati – una cattolica, un ortodosso e un musulmano - chiudono la processione dei “Misteri” di Trapani accompagnando il vescovo Pietro Maria Fragnelli nel suo intervento finale e leggendo con lui in inglese, francese ed arabo un’invocazione alla Madonna.
Un segno forte per testimoniare l’amore inclusivo e redentivo di Cristo e la scelta di dare voce ai “nuovi crocifissi” di oggi. Un gesto in continuità con la scelta di lavare e baciare i piedi di 12 detenuti in cattedrale durante la messa in coena domini.
Ecco chi sono i tre “fratelli immigrati” che accompagneranno il vescovo in piazza Purgatorio per il momento finale dinanzi il simulacro della Vergine Addolorata che chiude la processione.
Sonia Imafido, nigeriana, è arrivata in Italia nel 1998. Lavora come interprete/mediatrice presso l’Ufficio immigrazione della Questura di Trapani. Nel 2011, durante la Santa Messa di Pasqua, si è battezzata ed è cristiana cattolica. (invocazione in Inglese)
Embalo Bakari della Guinea Bissau, sbarcato a Pantelleria nel 2011 è stato accolto al CARA di Salinagrande e successivamente (2013) allo SPRAR di Trapani. Sta per diventare mediatore culturale ed è musulmano. (invocazione in francese)
Daniel Attinafu, etiope, giunto in città come richiedente asilo dopo essere sbarcato a Lampedusa, accolto nel Cara e poi al centro Sprar, oggi vive e lavora a Trapani con la moglie e la figlia. Daniel è cristiano ortodosso. (invocazione in arabo)
Ecco il testo letto dal vescovo che ha concluso: la luce della Resurrezione illumini ogni nostra notte
Trapani, 19 aprile 2014 – Sabato santo
PREGHIERA E SALUTO FINALE DEL VESCOVO
Fine processione dei “misteri” di Trapani
Piazza Purgatorio
1Giovanni 1,8-9 (Lettura breve di Terza – Sabato Santo)
"Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.
Carissimi,
eccoci alla fine della processione dei misteri di Trapani edizione 2014. Riconosciamolo tutti francamente: non ci sono parole per commentare. Ogni parola può essere fuori posto! Il silenzio si addice a questa giornata del Sabato Santo, si addice alla fine di questo percorso in cui statue, musiche, fiori, segni sacri, vestiti eccezionali, saluti, abbracci, fotografie, telefonate e messaggi hanno saziato gli occhi, la mente e il cuore. Ma non sono mancate le preghiere e i canti.
Ieri, all’avvio della processione vi avevo assicurato che Maria “saprà dirci il valore anche del più piccolo fiore”. E così è stato. Dietro ogni gruppo sacro si è intravista l’ombra indelebile e consolante di Gesù Cristo e della madre sua Addolorata.
Ora, alla conclusione, vi dico qualcosa che ho pensato e scritto non prima, ma durante lo svolgimento della processione. Avevo bisogno di vedere, sentire, quasi toccare con mano, ascoltare il mio cuore, oltre che la testa, per capire quello che succede in queste lunghe, interminabili 24 ore. Forse possiamo tutti dire che con Gesù morto d’amore per l’umanità e con la madre Maria, Madre dei dolori, anche i sordi hanno cominciato a sentire, anche i ciechi hanno cominciato a vedere, anche gli zoppi hanno cominciato a camminare.
Si capisce perché ogni vero trapanese dice che non basta vedere la processione in televisione, non basta sentirne parlare o scriverne, non basta neanche osservarne un breve tratto.
Bisogna starci dentro: vedere gli abiti impregnati di cera, sentire da vicino il sudore dei portatori, percepire la fierezza dei consoli, ammirare la serietà dei piccoli e dei ragazzi, incoraggiare il desiderio dei grandi che vogliono trasmettere un patrimonio non solo sociale, ma anche religioso ricevuto. ( applauso)
Bisogna starci dentro per vedere che c’è una unità di fondo nonostante piccole o grandi forme di divisione, che farebbero pensare non ad una ma a tante processioni non ben coordinate.
Bisogna starci dentro per cogliere il movimento di danza, simile alle onde del mare: questo fa pensare alla nostra città, all’umanità tutta che è sulle onde della difficile navigazione della vita, sotto il peso di grandi fardelli. Fardelli che si portano meglio se siamo abbracciati, uniti nella solidarietà, che viene dal mistero sacro che portiamo sulle spalle.
Ora, siamo tutti un po’ storditi, assonnati!
Tuttavia ci concediamo ancora un po’ di tempo per pensare e pregare.
Quale pensiero? Il viaggio non è finito.
Ci aspetta un altro pellegrinaggio.
Quello appena concluso, nel sabato dell’assenza e della solitudine, ci mette di fronte a Maria, che è e rimane la madre dell’amore. Ella ci ottiene la “consolazione della vita”, oltre alla consolazione della mente e del cuore. Le chiediamo: “Che senso ha tanto tuo soffrire? Come puoi rimanere salda mentre gli amici del tuo Figlio fuggono, si disperdono, si nascondono? Come fai a dare significato alla tragedia che stai vivendo?”. Maria ci risponde con le parole del suo Figlio: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
La consolazione con la quale Dio ti ha sostenuta nel Sabato santo, nell’assenza di Gesù e nella dispersione dei suoi discepoli, è una forza interiore dello Spirito Santo. La sua efficacia si misura dai frutti, dalla fecondità spirituale. E noi, qui e ora, o Maria, siamo i figli della tua sofferenza.
Sperimentiamo la tua “consolazione sostanziale” perché tocca il fondo e la sostanza dell’anima
Tu conosci, o Maria, probabilmente per esperienza personale, come il buio del Sabato santo possa talora penetrare fino in fondo all’anima pur nella completa dedizione della volontà al disegno di Dio. Tu ci ottieni sempre, o Maria, questa consolazione che sostiene lo spirito senza che ne abbiamo coscienza, e ci darai, a suo tempo, di vedere i frutti del nostro “tener duro”, intercedendo per la nostra fecondità spirituale. Non ci si pente mai di aver continuato a voler bene! (Card. Martini).
Con il beato Antonio Rosmini (nato a Rovereto il 24 marzo 1797 – morto a Novara 1° luglio 1855) vogliamo impegnarci nelle
- alle opere della carità spirituale, che si riferiscono immediatamente alla salvezza eterna dell'uomo (l'annuncio della fede, i sacramenti)
- a quelle della carità intellettuale, con le quali si vuole liberare la mente dell'uomo dalle tenebre dell'ignoranza e illuminarla con la luce della verità
- e a quelle della carità temporale, che sono rivolte ai bisogni del corpo, quali la fame e la salute. Non lasciamo questa piazza senza prendere l’impegno di sostenere questa forma di carità
Siamo passati davanti al busto del Beato Giovanni XXIII – Sotto l’arco dell’Episcopio. Vogliamo vivere il suo augurio ai lavoratori del mare, e a tutti i naviganti del mondo di oggi: “Parole di luce, di concordia e di fraternità hanno sovrastato sui contrasti di questo secolo; li han voluti comporre. … Noi sentiamo, diletti figli, cosa c'è al fondo della inquietudine che talora si avverte nell'aria. Al fondo c'è la legittima aspirazione dei molti, a cominciare dagli umili e dagli indifesi, a veder convergere tutti gli sforzi di intelletto e di volontà verso la costruzione di una comunità umana, illuminata dalla luce celeste, e consapevole dei suoi gravi doveri verso i singoli individui, le famiglie, i popoli.
La Chiesa Cattolica non si sottrae al suo compito di madre e maestra. Lungi dal condannare, essa è ansiosa di scoprire il preannuncio di giorni meno difficili per tutti, più sereni per le famiglie, più edificanti per le nuove generazioni”.
Con i due Papi prossimi santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, veri maestri dell’umanità intera, ripetiamo la nostra invocazione conclusiva a Maria, in più lingue:
Ave Maria, madre dei dolori, prega per noi e per tutta l’umanità.
Ave Maria, matri di li dulura, pria pi noiatri e pi tutta l’umanità.
Adesso in inglese, francese e arabo, diamo voce ai nostri immigrati e guardiamo all’Europa e oltre l’Europa: abbracciamo il mondo intero.
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