Si sono tenuti oggi, 28 marzo, al Santuario della Madonna di Trapani i funerali del vigile del fuoco Giorgio Grammatico
Davanti alla bara di Giorgio assumiamo l’impegno di vivere da Risorti, ogni giorno: la sua testimonianza e quella del suo collega Dario ci rimangano nel cuore per vivere una vita diversa
L’OMELIA DEL VESCOVO DI TRAPANI PIETRO MARIA FRAGNELLI PER I FUNERALI DI GIORGIO GRAMMATICO, VIGILE DEL FUOCO
Lo abbracciamo con il semplice linguaggio di un segno di croce ben fatto che esprime il senso di inadeguatezza che tutti ci portiamo dentro di fronte a chiamate esigenti, urgenti, dall’esito sempre incerto
“Dopo lunghissime ore di volti attoniti, di notizie meste e monche di certezze, di silenzio cupo, ci ritroviamo adesso uniti nel Santuario della Madonna di Trapani, che tanto stava a cuore al nostro Giorgio Grammatico e lo consegniamo alla Madre dei dolori, alla Madre del Redentore, di cui celebriamo l’atto supremo di sacrificio sulla croce”: così il vescovo di Trapani ha iniziato poco fa la sua omelia durante la celebrazione eucaristica per le esequie del vigile del fuoco Giorgio Grammatico, rimasto ucciso a causa di un’esplosione, mentre era in servizio, durante un intervento di soccorso, a Catania, insieme ad un altro collega e all’uomo che pensava di soccorrere.
“Pensiamo al giovane Giorgio e a tutti gli atleti che hanno giocato e giocano la partita della vita scendendo in campo con un segno di croce, magari frettoloso, ma desideroso di puntare alla vittoria con un aiuto che viene solo dall’alto – ha affermato mons. Pietro Maria Fragnelli. Anche Giorgio ha puntato alla vittoria. I docenti e i colleghi dello sport lo ricordano così, appassionato nel giocare la partita della vita.
Pensiamo a Giorgio adulto – ha continuato - che ha abbracciato un lavoro bello e difficile insieme, quello del Vigile del Fuoco. È entrato in un’altra squadra, fatta di tanti colleghi, anziani e non, che in tutte le ore del giorno e della notte si misurano con il grido di aiuto che può arrivare da ogni parte della società. Una squadra che ha apprezzato la sua tempra di lavoratore. Me lo immagino coraggioso e generoso, con la capacità di accorrere anche in questo vastissimo campo della vita sociale. Ancora con un segno di croce, che esprime il senso di inadeguatezza che tutti ci portiamo dentro di fronte a chiamate esigenti, urgenti, dall’esito sempre incerto. Ora siamo qui, prima di affidare il corpo di Giorgio al campo della misericordia, alla tenerezza del Padre, in attesa della risurrezione.
Con tutti i famigliari, gli amici, i colleghi lo abbracciamo con il semplice linguaggio di un segno di croce ben fatto. Non ci vergogniamo di dire la nostra umana fragilità di fronte ai pericoli e di fronte ad ogni tipo di problema. Chiediamo e doniamo perdono per le difficoltà subite e per quelle create nella vita sociale.
La testimonianza di Giorgio e del suo collega Dario ci rimangono nel cuore per sempre e ci impegnano a vivere una vita diversa – proseguito - Ci illumini il Cristo risorto, che celebriamo nel triduo pasquale. Lo contempliamo con le parole pronunciate stamattina da papa Francesco : ‘La mattina di Pasqua udremo solennemente l’annuncio della risurrezione: «Cristo, nostra speranza, è risorto e ci precede in Galilea»’. Questa è la grande affermazione: Cristo è risorto. E in tanti popoli del mondo, soprattutto nell’Est Europa, la gente si saluta in questi giorni pasquali non con “buongiorno”, “buonasera” , ma con: “Cristo è risorto!”, per affermare il grande saluto pasquale.
È l’annuncio che ci diamo sulla bara di Giorgio, con l’impegno di vivere da risorti nella famiglia e nel lavoro. Ogni giorno”.
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