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Piano Pastorale 1998-1999 PDF Stampa E-mail
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marted́ 01 settembre 1998
Indice articolo
Piano Pastorale 1998-1999
Schede di Riflessione
Ascolto
Dialogo
Ministerialita'
Formazione
Speranza

2. Il Dialogo
"L'armonia delle voci nel canto corale
è frutto della capacità dei singoli di ascoltarci l'un l'altro" (r. c. 8)

Convertiti e stabiliti nell'ascolto del Verbo incarnato, scopriamo la ricchezza delle profondità di Dio e del suo piano cosmico di comunione.Ci scopriamo uniti nell'incontro tra Dio e l'uomo in Cristo che costituisce la Chiesa.A partire dal dono pasquale ricevuto e conservato essa dialoga con Cristo e, in lui, con Dio e con gli uomini.A rendere possibile questo dialogo è lo Spirito effuso dal Risorto, il quale crea all'interno della Chiesa, vale a dire nel cuore dei credenti, quell'apertura necessaria al dialogo medesimo.Nella misura in cui la Chiesa è comunione di fede, di vita, di carità (cioè di Dio posseduto), è sacramento universale di salvezza; essa realizza e prolunga l'incontro di Cristo con gli uomini, per svelare a questi il loro mistero alla luce della rivelazione del Padre (GS 22; 92) e per servire alla loro liberazione da ogni egoismo e divisione.In ordine a questa funzione fondamentale di servizio salvifico degli uomini è per la Chiesa un dovere sacro accogliere i semi di verità sparsi ovunque dal Verbo, e riceverli come un prezioso apporto alla pienezza di Cristo (GS 44).Questo rapporto di recettività è costitutivo della Chiesa (Ecclesiam suam 60).

Il dialogo appartiene all'essenza stessa della Chiesa, come mezzo principale sia per attuare la comunione al suo interno sia per porsi nel giusto atteggiamento dinanzi ad ogni uomo.La Chiesa sarà autentica se si fa dialogo (LG 2); la sua cattolicità, che è la capacità e il dovere di incarnarsi in tutti i luoghi, in tutti i tempi, in tutte le realtà, implica la capacità e il dovere di accettare nel suo seno quanto di buono e di vero vi sia nelle differenze storiche degli uomini: ciò può essere attuato solo con il dialogo.

Quello di cui parliamo non è un dialogo qualunque, ma un evento puramente spirituale, cioè nello Spirito e per opera dello Spirito, il quale ne plasma la componente umana.Per accadere esso necessita da parte nostra di alcune condizioni, alle quali siamo tenuti perché la Chiesa compia la sua missione: uscire da se stessi per diventare disponibili; situarsi nel punto di vista dell'altro per comprendere; assumere su di sé il destino dell'altro; donare liberamente e gratuitamente la forza viva dello slancio personale; essere fedele; trattare l'altro come un soggetto personale, facendogli credito.L'amore s'indirizza al soggetto al di là della sua apparenza, vuole la sua realizzazione come persona, come libertà, quali che siano i suoi doni e le sue disgrazie.D'altronde la struttura stessa della persona è dialogale.Essa non è un ad se, ma è radicalmente tendenza verso un altro centro soggettivo.Il dialogo realizza quest'esigenza mediante l'intercomunicazione delle coscienze, per la quale l'altro vive in me e viceversa, in un dono reciproco del nucleo del proprio essere: "La vera vita è atto dialogico e comunione; è questo essere ed esprimersi insieme, per sempre" (Pasqualino).

Il dinamismo del dialogo è la carità, così come è emerso nel Concilio Vaticano II secondo le parole di Paolo VI: "La religione del nostro Concilio è stata principalmente la religione della carità.La religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione - perché tale è - dell'uomo che si fa Dio. L'antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio.Non sarebbe in definitiva questo Concilio un semplice, nuovo e solenne insegnamento ad amare l'uomo per amare Dio? Allora questo Concilio tutto si risolve nel suo conclusivo significato religioso, altro non essendo che un potente ed amichevole invito all'umanità di oggi a ritrovare, per via di fraterno amore, quel Dio dal quale allontanarsi è cadere, al quale rivolgersi è risorgere, nel quale rimanere è stare saldi, al quale ritornare è rinascere, nel quale abitare è vivere" (Discorso di chiusura del Concilio, 7 dicembre 1965).

La carità è dialogo di salvezza.

Questo dialogo prende l'iniziativa correndo ogni rischio, ma radicandosi nell'ascolto, nell'interiorità, dove si scopre il mistero dell'amore del Padre.Esso sorge indipendentemente dai meriti e dalla capacità di risposta di coloro ai quali è diretto e non pretende di imporre né di obbligare all'accettazione.Cerca piuttosto di illuminare, ponendosi accanto all'altro, per scoprire insieme il cammino proprio di ciascuno.Il dialogo di salvezza deve indirizzarsi a tutti senza discriminazione.Solo il rifiuto o la mancanza di sincerità dell'altro può legittimare la sua interruzione, ricercando alacremente la possibilità di una sua sollecita ripresa. Ciò suppone il superamento di tutti i pregiudizi e l'assunzione delle differenze come ricchezze nella complementarietà.L'unica via per quest'arduo compito rimane l'umiltà, per la quale nessuno osi sentirsi padrone assoluto della verità, né come singolo, né come istituzione, ma tutti ci disponiamo, sapendoci poveri, a ricevere la grazia che ci introdurrà attraverso il dialogo alla più profonda comunicazione e unità interpersonale.

Il dialogo prevede un tempo di maturazione, essendo un pellegrinaggio nella fede e nella speranza, fino al compimento della comunione perfetta nella patria celeste.In questo tempo le differenze, vissute come varietà di doni aiutano ciascuno a riconoscere la propria identità.E tale identità non si scopre in una ricerca individualistica, chiusa in sé; il modo con cui l'altro vive Dio, il mondo, le relazioni umane è indispensabile a ciascuno, perché questi scopra pienamente se stesso, portando dentro di sé questi vissuti altrui. Il singolo così non vive da solo le proprie relazioni, sapendo in anticipo quale contributo può dare agli altri, bensì universalizza la propria esperienza attraverso l'esperienza altrui e scopre infine il proprio volto e il proprio dono nel concreto farsi di questa inter-comunione reciproca.Il dialogo di salvezza attua una vera comunione interpersonale nello Spirito, elemento costitutivo della Chiesa, secondo quanto il Signore chiese al Padre: "Che tutti siano uno, come noi siamo uno" (Gv 7,21-22). Questa unità è quella trinitaria che ci è conquistata e donata a prezzo della croce del Figlio.

ATTENZIONE

  • La comunione attraverso il dialogo richiede un cammino con forme ben predisposte che lo agevolino.
    Quali forme troviamo già nelle strutture ecclesiali? Potremmo fermarci per analizzare la validità e l'efficacia?
    Troviamo qualcosa da correggere o da rifondare o vuoti da colmare?
    Siamo capaci di cogliere e di valorizzare i luoghi in cui si esprime la difficile arte del dialogo?


  • Si sono diffuse forme, praticate anche in Diocesi, di ascolto della Parola immediatamente legato ad un primo dialogo umano che aiuta nel discernimento del volere divino; di comunicazione di esperienze cristiane che accelerano la condivisione; di revisione di vita; di assemblee, oltre ai preziosi organismi di partecipazione.
    Come è possibile favorire queste e altre forme della comunicazione, dove sappiamo bene che determinante è il corretto funzionamento della loro dinamica?
    In che senso dialogare apre ed educa alla "correzione fraterna"?
    Pensiamo che l'interparrocchialità possa rappresentare un segno decisivo per dialogare fra le varie comunità parrocchiali?


  • La relazione Chiesa-società va oltre il rapporto del singolo fedele con le persone lontane dalla comunità ecclesiale o le istituzioni civili.
    Non è forse necessario analizzare le forme di dialogo in atto per scoprirne punti di forza e debolezze?
    Non avvertiamo di essere ricercati, come istituzione ecclesiale, da tanti organismi civili e comunque richiesti di non latitare, ma di apportare coscienziosamente il nostro contributo?


 
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