sabato 28 agosto 2004 |
Pagina 8 di 11
La sostaQuando fermarci?Abbiamo iniziato a camminare lasciando alle nostre spalle Babele. Abbiamo affrontato le fatiche e le difficoltà del viaggio. Abbiamo bisogno, per riprendere vigore, di sosta e di ristoro. Quando fermarci? La domenica è il giorno della sosta, è il giorno del Signore Risorto e della sua famiglia. Facciamo festa e sotto il velo dei segni pregustiamo già la comunione di Gerusalemme riprendendo in tal modo vigore.
Dove?Nel luogo dove Gesù consumò la sua Cena con gli apostoli e dove Gesù si presentò, Risorto, il primo giorno dopo il sabato, salutandoli: “Pace a voi!” (Gv 20,20). Il luogo dove ci fermiamo e dove è apparecchiata la mensa per accoglierci e nutrirci è il cenacolo. Da qui ripartiamo per il nostro cammino e qui ritorniamo sempre per rinvigorire le nostre forze.
Fermiamoci a mangiareLa mensa è già apparecchiata per noi: la Parola che si fa pane è il nostro cibo. Attraverso il linguaggio dei segni sacramentali noi manifestiamo ciò in cui crediamo. A questa mensa dobbiamo sederci usando i linguaggi nuovi perché la Parola che si fa carne diventi maggiormente comprensibile. Da qui usciamo con nuovo slancio per dire “Gesù” a tutti quelli che incontriamo nel nostro cammino. Se nel nostro cammino improvvise intemperie o percorsi particolarmente difficili ci hanno stancati e sporcati, occorre sostare alla fonte della rigenerazione per lavarci. Se le lingue di Babele ci hanno divisi, riconciliati camminiamo insieme verso Gerusalemme!
Fermiamoci a parlareDurante la sosta, dopo avere mangiato, viene spontaneo parlare di noi, del nostro cammino, dei nostri ricordi, delle nostre aspirazioni, della nostra fede. Gli operatori pastorali, gli educatori-catechisti, camminando con noi ci narrano continuamente di Gerusalemme nuova e ci invitano a lasciare Babele; ci insegnano a vedere i segni della presenza di Cristo; ci aiutano a pregare e a riconoscere Cristo in chi ci tende la mano. È ovvio che anche qui il problema della comunicazione e dei linguaggi è di fondamentale importanza. Sulla comunicazione del patrimonio della fede si gioca il futuro della nostra pastorale e su questo bisognerà investire in persone e in mezzi, in metodologie innovative, in percorsi umili e coraggiosi.
Fermiamoci a gioireIl banchetto del Signore va vissuto nella gioia e sotto il segno della festa. La musica e le danze attirano non solo gli invitati, ma coloro che vogliono un po’ della nostra gioia, un pezzo del nostro pane, un bicchiere del nostro vino. Nessuno è escluso dalla nostra festa anzi, la condivisione moltiplica la gioia ed è un segno del nostro amore portare Cristo a coloro che, malati, soli e senza speranza, sono rimasti nelle loro case. La sosta nel giorno del Signore diventa, così, il giorno della Chiesa e della carità.
Nutriamoci di speranzaSe dovesse capitarci durante il nostro cammino di perdere la speranza, saliamo sul Monte Tabor e lì fermiamoci a contemplare. Sulla vetta respireremo l’aria salutare della comunione, i nostri occhi scorgeranno all’orizzonte la meta e il nostro cuore si caricherà di speranza.
|