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Omelia per i funerali di Mons. Giacomo Giacalone PDF Stampa E-mail
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marted́ 26 aprile 2005
S. Pietro – Trapani

“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11, 25-26).

Davanti alla bara del nostro fratello, il presbitero Giacomo, queste parole di Cristo come luce folgorante penetrano nel nostro spirito e ci aprono alla certezza solare della vita che vince sulla morte.
Cristo è la vita vera. “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6).
Cristo è la vita che non conosce sconfitta perché Egli, Dio con il Padre e lo Spirito  Santo, è la vita vera, vita senza origine e senza fine, vita sorgente di vita, vita piena.
Dio è, il suo esistere è fuori dal tempo: “Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo” (2Pt 3,8).
Dio è vita che si manifesta nell’opera della creazione, risplende in pienezza nell’opera della redenzione:“Son venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv, 10, 10).
La morte non è l’approdo ultimo del credente: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11, 25).
La fede ci apre alla vita, ci apre a Cristo risurrezione e vita.
La risurrezione spiega tutta la vita di Gesù.
È a partire dalla risurrezione che trova senso la sua nascita dalla Vergine Maria, la sua infanzia vissuta nell’umile casa di Nazareth, la sua vita segnata per 30 anni dalla quotidianità del lavoro, i suoi tre anni di vita pubblica caratterizzati dall’annuncio della buona novella del Regno, dai miracoli e per ultimo dalla sua passione e morte in croce.
All’alba del terzo giorno gli apostoli Pietro e Giovanni, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome fanno esperienza della tomba vuota, diventano testimoni di un evento straordinario ed unico: la resurrezione di Gesù.
Di questo mistero di vita e di morte, vive la Chiesa, nella Pasqua del Signore Gesù siamo stati immersi per il Santo Battesimo: con Cristo siamo stati sepolti, con Cristo risorgiamo a vita nuova.
Il mistero della Pasqua si è compiuto nel mistero della morte di questo nostro fratello, il presbitero Giacomo che in maniera discreta, quasi in punta di piedi si è accomiatato da questo mondo dopo una settimana vissuta nella rianimazione dell’ospedale “Gemelli” di Roma.
Mons. Giacalone parroco per 45 anni di questa Arcipretura di S. Pietro, è stato il servo buono e fedele che non si è risparmiato per il suo popolo a cui ha donato con abbondanza la Parola di Vita, ha amministrato i sacramenti, ha accompagnato piccoli e grandi nel cammino di fede.
Mons. Giacalone è stato un presbitero sempre alla ricerca, meticoloso, amante della verità, uomo accogliente e aperto al dialogo e alla modernità, fedele a Dio e fedele all’uomo.
La sua salute debole non gli ha impedito di esercitare con zelo il suo sacerdozio. Lo ricordano con amore i suoi parrocchiani, i tanti giovani che nella preparazione al matrimonio l’hanno avuto maestro illuminato,
i confratelli che l’hanno stimato per il suo stile sobrio.
Alla mamma di Mons. Giacalone che vive come Maria lo strazio della morte di suo figlio diciamo: coraggio nel Signore.
Guardi con serena fiducia alla Madre Addolorata e chieda a Gesù benedetto la grazia di poter dire come Maria il fiat, l’ “eccomi, sia fatta la tua volontà”.
Fare la volontà di Dio è la nostra salvezza.
Una certezza ci portiamo dentro:
Mons. Giacalone non è più tra noi, ma la sua vita non si è definitivamente spenta, con Cristo egli vive eternamente in cielo, in Lui ha creduto e la fede è vita dell’anima, comunione di vita con Cristo, contemplazione del suo volto glorioso.
Mons. Giacalone gode in Dio, contempla il suo volto, ha appagato in Lui la sua ansia di verità.
Al presbiterio che si stringe intorno alla sua bara egli parla di Pasqua, di resurrezione, di vita.
Un presbiterio pasquale è un presbiterio che intende vivere di Dio, che reputa tutto come spazzatura al confronto di Cristo ed ha Dio come unica sua ricchezza.
Questa morte porta a tutti noi un messaggio di speranza e di vita: è la morte di un sacerdote contento di avere esercitato in serenità, fedeltà e gioia il suo sacerdozio.
Carissimo Monsignore, riposa eternamente in Dio, in Lui non c’è dolore, né lutto, né lamento, né pianto, (cf. Ap 21, 4) vivi eternamente felice in Dio.
Per questo noi preghiamo invocando la divina misericordia, celebrando la divina Eucaristia. Amen.
 
 
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