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Piano Pastorale 2004-2005 PDF Stampa E-mail
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sabato 28 agosto 2004
Indice articolo
Piano Pastorale 2004-2005
La Casa Perduta
Mamre: il progetto di una nuova casa
La casa di Davide stabile per sempre
La Famiglia di Gesu': la Parola al centro
La Chiesa: casa e famiglia di Dio
La Parrocchia
Lettera alle famiglie

CAP IV

LA FAMIGLIA DI GESÙ: LA PAROLA AL CENTRO

La casa di Nazareth: Amore, Verità, Libertà

La famiglia di Nazareth è piena di Amore. Il fatto che le relazioni al suo interno siano sorrette da un progetto di Dio, del quale tutti e tre sono a conoscenza, non toglie nulla alla verità e al coraggio dei gesti compiuti da ciascuno dei suoi membri.
Giuseppe, fattosi guida di un lungo e pericoloso viaggio, insieme a Maria che era incinta, per assolvere al censimento di Cesare Augusto, non si sottrae al dovere di dare il nome a Gesù, inserendolo legalmente, così, nella dinastia davidica e impegnandosi a custodirlo e crescerlo come figlio suo. Giuseppe è fedele a Dio e nello stesso tempo fedele a se stesso, avendo liberamente accolto il progetto divino sulla linea della "giustizia" di Abramo. La circoncisione di Gesù Bambino e la sua presentazione al tempio è contemporaneamente un atto giuridico-legale e un atto religioso: sancisce il valore istituzionale della famiglia come fondamento stabile della società ed esprime il carattere di dono che ha un figlio per un padre e una madre. Anzi, nel caso della famiglia di Nazareth, proprio la verità della figliolanza divina di Gesù universalizza la non appartenenza di un figlio ai genitori carnali come semplice proprietà. Nella famiglia ognuno dei membri è un dono per l'altro.
Maria accoglie Gesù come un dono, ma apprende presto che la sua maternità non sarà facile: una spada di dolore le trafiggerà l'anima (cf. Lc 2,35). In tal modo mentre, come ogni madre, educa il figlio e lo vede crescere "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52), comincia anche ad imparare da Lui, serbando nel cuore i suoi gesti e le sue parole (cf. Lc 2,51). Solamente questa attenzione le permette di poterlo seguire su strade sconosciute e inattese che conducono infine al pendio fuori dalle mura di Gerusalemme chiamato Golgota.
Maria può esercitare, come a Cana (cf. Gv 2,1-11), la sua autorità di Madre del Re (Ghebirà), ma solo perché anche lei si è liberamente sottoposta alla medesima volontà, alla medesima Parola. Può comandare: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5), perché lei per prima è divenuta discepola del Figlio. Per questo motivo, stando sotto la croce, può ottenere da Gesù una più alta e impegnativa maternità: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19,26).
Gesù, "nato da donna, nato sotto la legge" (Gal 4,4), si sottomette alla volontà dei genitori terreni (cf. Lc 2,51) per poter meglio obbedire al Padre e "riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,5). A dodici anni, età in cui ufficialmente per Israele si esce dall'infanzia, Gesù manifesta già chiaramente la sua vocazione richiamando Giuseppe e Maria ad una coscienza che anche loro non devono smarrire: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). Tuttavia, Gesù solo in età adulta si allontana dalla sua famiglia, spinto dall'urgenza dell'annuncio del Regno e dal compimento della volontà del Padre suo celeste.
Nella famiglia di Nazareth il legame affettivo e il vincolo sociale (pur non sancito per parte di Giuseppe dal legame di sangue) non entrano in conflitto con il compimento della volontà di Dio a cui ciascuno dei membri della famiglia è chiamato. Esiste piuttosto un principio di libertà che nasce soltanto dall'amore sincero e dalla verità con cui si sono strette le relazioni d'affetto. Queste caratteristiche, assieme a quelle della famiglia di Abramo e dei fratelli di Betania (Lazzaro, Marta e Maria) contribuiscono a tracciare un modello familiare suggestivo, a cui non si sottrae certamente lo sviluppo dell'idea di famiglia che attraversa la Chiesa dalle origini fino ad oggi.


Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?

Quanto detto ci aiuta a capire meglio il senso di alcune espressioni di Gesù che a prima vista possono sconcertare, tanto sembrano andare contro i legami istituzionali della famiglia.
Per ben comprenderlo siamo chiamati ad entrare nella logica "scandalosa" di Gesù. Il suo messaggio è infatti per molti di scandalo (che significa inciampo), perché indica la strada dell'amore molto difficile da percorrere. Questo vale specialmente quando la contiguità di parentela fa più facilmente cadere in un conflitto i membri della stessa famiglia o per motivi di gelosie affettive o per questioni di eredità. Sappiamo che proprio a Nazareth Gesù non poté predicare e operare miracoli perché i suoi parenti e i suoi compaesani sentendolo parlare "si scandalizzavano per causa sua" e fu in quell'occasione che disse: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua" (Mt 13,57). Ma mentre l'inciampo prodotto dal Vangelo di Gesù è salutare perché porta al cuore dell'amore del Padre, ci può essere, per contro, un inciampo che impedisce di vedere Gesù e di compiere, in Lui, la volontà del Padre. Di questo inciampo Gesù dice: "Se la tua mano ti è di scandalo, tagliala e gettala via da te; conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo finisca nella Geenna" (Mt 5,30); e della sorte di chi scandalizza i piccoli che credono in Lui afferma che "sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18,6). Quando lo stesso Pietro vuole impedirgli di seguire la logica martiriale della volontà del Padre e contrappone un programma di violenza alla logica della croce, Gesù risponde: "Lungi da me Satana, tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini" (Mt 16,23). L'unico scandalo salutare, dunque, è quello della croce che ha infranto il muro di separazione, cioè l'inimicizia, e ha reso tutti gli uomini fratelli (cf. Ef 2,14).
In ogni circostanza Gesù invita a seguire comportamenti che mirano ad annullare quelle rivalità e quei conflitti, che la società, e spesso anche noi cristiani, tendiamo a giustificare come male minore. Queste rivalità possono emergere nelle famiglie in alcuni momenti particolarmente delicati, quali la spartizione di una eredità o la reazione dei figli ad una preferenza accordata dai genitori a qualcuno di loro. Ad un tale che gli chiede: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità", risponde: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore tra di voi?" (Lc 12,13). In questo modo Gesù rifiuta di entrare in un conflitto tra fratelli e rende palese la loro mancanza di libertà dai beni di questo mondo.
Queste logiche di conflitto sono molto attive anche nella storia della salvezza e portatrici di inganni e di violenza. Pensiamo alla primogenitura strappata da Giacobbe ad Esaù o alla violenza dei figli di Giacobbe contro Giuseppe, il preferito del padre. Tutto questo non trova posto nel messaggio di Gesù che predica: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano" (Lc 6,27ss) "perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni" (Mt 5,45). Questa parola di Gesù, testimoniata fino al supplizio della croce e al perdono dei suoi assassini, sarà di scandalo sino alla fine dei tempi in quanto rompe la logica umana del "regolamento dei conti". La rinuncia cristiana a perpetuare i conflitti, rinnegando se stessi e seguendo Gesù portando la propria croce, può scatenare la violenza di chi non riesce a sottostare alla logica "scandalosamente perdente" del Vangelo. È questa la logica che soggiace sempre al martirio: per non aver accettato di essere complici si è oggetto di persecuzione. In questo senso il Vangelo di Gesù diventa pietra di scandalo ed elemento di divisione anche all'interno dei legami parentali. Perciò proprio nel discorso sulla missione e sull'annuncio Gesù dice: "Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome" (Mt 10,21) "e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa" (Mt 10,36). Si tratta, dunque, anche e soprattutto nei legami familiari e con il prossimo, di ribaltare la spirale vendicativa di Lamech ("Settantasette volte!") e di portare fino alle estreme conseguenze l'insegnamento di Cristo, vivendo la logica impegnativa e disarmante del perdono: ""Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette"" (Mt 18,21).
Compiere la volontà di Dio significa imitare Gesù al di sopra di qualunque altro modello, anche importante, come quello dei propri genitori. Dopo aver invitato un uomo alla sequela, Gesù si sente chiedere: "Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre", e la risposta del Maestro non ammette dubbi: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il regno di Dio" (Lc 9,60). Amare Lui significa amare il suo desiderio di compiere la volontà d'amore e di riconciliazione del Padre. Perciò Gesù dice perentoriamente: "chi ama il padre e la madre, il figlio o la figlia più di me non è degno di me" (Mt 10,37). Si corre altrimenti il rischio di ricadere nella logica umana del conflitto e della violenza innescati nell'uomo dal peccato fin dai tempi di Adamo ed Eva. Ecco perché, rivolgendosi a chi vuole farlo sottostare a questi modelli umani, Gesù risponde: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?… Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli, perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12,48ss). Alla donna che alza la voce in mezzo alla folla e che esclama: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù risponde: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27s). È proprio questo ascolto che genera nel cristiano la beatitudine annunciata nel discorso della Montagna (cf. Mt 5,1-12), scandalo per eccellenza di tutta la predicazione di Gesù.
Chi pensa alla famiglia come un idillio e non vi scorge i latenti conflitti che possono esplodere in essa, non guarda con verità a questa realtà che solo nella dinamica sacramentale della grazia, e quindi nella vita in Cristo dei suoi membri, può superare tutte le sue tensioni e diventare modello autentico dell'amore di Dio. Come afferma Gesù, è "per la durezza del cuore", per l'incapacità della coppia di comprendersi e perdonarsi a vicenda, che Mosè ha consentito in alcuni casi il divorzio, "ma in principio non fu così" (Mt 19,8).

La casa di Betania: ospitalità ed amicizia

È nella logica del primato assoluto della parola di Dio, che Maria di Betania si siede ai piedi di Gesù in ascolto della sua parola. Mentre la sorella Marta si preoccupa e si agita per molte cose, Maria sceglie "la parte migliore che non le sarà tolta" (Lc 10,42). L'affaticarsi per le cose terrene, sebbene importanti, non può infatti paragonarsi a quella libertà di cuore e a quella felicità che donano l'ascolto della parola di Gesù e la sua sequela. Nella casa di Betania Gesù è sempre ospite desiderato e amico gradito: qui manifesta la potenza della sua preghiera al Padre risuscitando l'amico Lazzaro; qui provoca la piena professione di fede di Marta; qui si fa ungere con olio e unguento profumato da Maria. I tre fratelli accolgono la visita di Gesù come quella di Dio stesso, come fece Abramo nella sua tenda con i tre pellegrini. Con lui condividono l'amicizia e il pasto fraterno, facendo della loro casa un segno profetico sia del cenacolo dentro cui Gesù Risorto spezza il pane con gli apostoli, sia di quelle case delle prime comunità cristiane in cui gli apostoli spezzano il pane celebrando le prime Eucaristie.



 
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