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sabato 28 agosto 2004
Indice articolo
Piano Pastorale 2004-2005
La Casa Perduta
Mamre: il progetto di una nuova casa
La casa di Davide stabile per sempre
La Famiglia di Gesu': la Parola al centro
La Chiesa: casa e famiglia di Dio
La Parrocchia
Lettera alle famiglie

CAP V

LA CHIESA: CASA E FAMIGLIA DI DIO

Fondata sulla pietra scartata

"La pietra, che i costruttori hanno scartato, è divenuta la pietra angolare" (1Pt 2,7).
Su questa pietra scartata Dio getta le fondamenta di una nuova casa per l'umanità, dove tutti da fratelli possano vivere in intimità con Lui come in una sola famiglia, dove "non si è più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ef 2,19ss). È una casa "in cui ci sono molti posti" (Gv 14,2) e in cui tutti, per grazia, possiamo abitare nell'oltre dei tempi. Infatti, dopo che sarà distrutta la dimora di questo esilio terreno, "riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli" (2Cor 5,1). La pietra scartata è Cristo Risorto (cf. At 4,11). "Stringendoci a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche noi veniamo impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (cf. 1Pt 2,4). Questo "edificio spirituale", questa "casa di Dio, è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità" (1Tm 3,14ss).
Le immagini della casa e della famiglia hanno una forte connotazione ecclesiologica e si presentano, pertanto, come modelli della comunità. Nelle Lettere Pastorali il vescovo assume il tratto del "sovrintendente della casa" che ha cura di tutto e di tutti, "perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?" (1Tm 3,5). Questa famiglia, fondata sull'ascolto della parola di Gesù, è simile a un uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia, su cui nulla possono il vento e lo straripamento dei fiumi (cf. Mt 7,24).
Il modello familiare diventa come una regola di comportamento ecclesiale e un'immagine dei rapporti che devono essere vissuti all'interno della comunità.
Nell'equilibrio dei ruoli, dentro la famiglia vige, infatti, il comando paolino: "Siate sottomessi gli uni gli altri nel timore di Cristo" (Ef 5,21). La presenza di Cristo, riqualificando i rapporti all'interno del nucleo familiare, ne fa un'immagine della Chiesa stessa e del suo rapporto sponsale con il Signore. È proprio in seguito a questo comando di "sottomissione reciproca" che Paolo sviluppa la similitudine marito-Cristo, moglie-Chiesa. Cristo si è sottomesso all'umanità, umiliando se stesso e assumendo la condizione di servo (cf. Fil 2,6ss), e ha dato se stesso per lei "al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga" (Ef 5,27), così la Chiesa sta sottomessa a Cristo, "lui che è il salvatore del suo corpo" (Ef 5,23).
Su questa unità indefettibile di Cristo Sposo e della sua Chiesa Sposa, sottomessi l'uno all'altra nell'amore vicendevole, viene ricollocato il rapporto sponsale uomo-donna, nella sua unità e indissolubilità sacramentale, con un passaggio che è di straordinaria portata nel testo di Paolo: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola. Questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" (Ef 5,31ss).
Questa stessa vicendevole sottomissione nel timore di Cristo determina l'invito paolino ai figli di obbedire ai genitori, e l'invito ai padri di non inasprire i propri figli (cf. Ef 6,1-4).
La presenza del timore di Cristo fa della famiglia e della casa la prima piccola comunità cristiana. La famiglia e la casa sono il luogo dell'accoglienza e dell'ospitalità, in cui il pasto evoca la comunione della frazione del pane e in cui le decisioni sono il primo discernimento ecclesiale dei carismi ed inoltre sono il luogo in cui avviene e da cui parte la semina del Vangelo. Quest'esperienza vissuta dalla Chiesa delle origini è auspicabile che sia recuperata e, in forma nuova, riproposta dalla Chiesa del terzo millennio.
Le case della prima evangelizzazione:
luogo della famiglia, luogo della Chiesa

Se guardiamo alla prima semina del Vangelo ci accorgiamo che essa si sviluppa secondo due destinazioni e modi diversi. Il cherigma apostolico, l'annuncio della morte e della risurrezione di Gesù, segue una modalità pubblica e una privata. La prima avviene nel tempio di Gerusalemme, nelle sinagoghe dei Giudei e nelle piazze dei pagani, mentre l'altra nelle famiglie. In fondo tutto questo ricalca la modalità di predicazione di Gesù, che annuncia il Vangelo del Regno nel tempio, nelle sinagoghe e anche nelle case private. Il suo mandato missionario ai settantadue discepoli ha come oggetto le case con le loro famiglie: "In qualunque casa entriate prima dite: "Pace a questa casa". Se vi sarà un figlio della pace la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi" (Lc 10,5).
Gli Atti degli Apostoli ribadiscono questa duplice presenza della comunità apostolica nel tempio che frequentano tutti insieme e nelle case dove spezzano il pane prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore (cf. At 2,46).
Lo stesso Pietro che parla nelle sinagoghe porta pure l'annuncio ai pagani recandosi nella casa del centurione Cornelio e celebrando lì il primo battesimo di pagani convertiti (cf. At 10,44-48).
Le Lettere Paoline confermano questo duplice movimento evangelizzatore e ci danno molte indicazioni sul coinvolgimento di alcune famiglie evangelizzate e diventate poi soggetto di evangelizzazione. È questo il caso dei due coniugi Aquila e Priscilla (cf. At 18). Essi sono due "fabbricatori di tende" che, profughi da Roma a causa dell'editto di Claudio che ha allontanato dalla Città tutti i Giudei, si sono stabiliti a Corinto. Qui arriva Paolo e si ferma a casa loro a lavorare. In questo modo ricevono l'annuncio del Vangelo. Sempre a Corinto Paolo entra nella casa di un tale, chiamato Tizio Giusto, che abita vicino alla sinagoga (cf. At 18,7). Si converte anche Crispo, capo della sinagoga, con tutta la sua famiglia (cf. At 18,8). Alla fine del soggiorno di Paolo a Corinto, Aquila e Priscilla partono con lui sino ad Efeso dove scoppia un tumulto contro l'apostolo. Essi rischiano la vita per salvare quella di Paolo e nella loro casa si riunisce una comunità (cf. Rm 16,3). La loro famiglia doveva essere tenuta in grande considerazione se troviamo ancora un saluto rivolto a loro nella Seconda Lettera a Timoteo (cf. 2Tm 4,19).
Capita a volte che l'incontro con una famiglia avvenga dopo il contatto della predicazione esterna. È il caso di Lidia, che avendo ascoltato la predicazione di Paolo, si converte e, "dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia" (At 16,15), invita Paolo e Timoteo a fermarsi a casa sua. Le case diventano il luogo abituale di riunione, non solo per la catechesi, ma anche per la frazione eucaristica del pane. Apprendiamo infatti che a Troade (cf. At 20,7-12) Paolo riunisce la comunità per spezzare il pane proprio "il primo giorno della settimana" (le prime domeniche della storia della Chiesa!) in una casa a tre piani, nella stanza al piano superiore. Paolo fa una predica molto lunga, forse perché è alla vigilia di una partenza, e il servo Eutico si addormenta e cade dal terzo piano!
Dunque: case e famiglie, tante! Dalle Lettere di Paolo, soprattutto nei saluti, si colgono molti legami parentali, segno del coinvolgimento di più famiglie come destinatarie e come protagoniste nella sua opera di evangelizzazione. Così sappiamo di Andronìco e Giunia e di Erodione, suoi parenti, e dei familiari di Aristòbulo e della casa di Narcìso, di Rufo e sua madre, Nèreo e sua sorella (cf. Rm 16); e del grande credito che aveva presso Paolo la famiglia di Stefana, primizia dell'Acaia, i cui membri, dice l'apostolo, "hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli" (1Cor 16,15); e la casa di Cesare, evidentemente in ottimi rapporti con la comunità cristiana di Filippi (cf. Fil 4,21); così sappiamo che Marco e Barnaba sono cugini e che a casa di una convertita, Ninfa, si raduna una comunità (cf. Col 4,10.15); è cristiana anche tutta la famiglia di Onesìforo (cf. 2Tm 4,19). Di tanti altri laici apprendiamo il nome e non sappiamo se fossero parenti. Ma certo molti di loro vengono da famiglie coinvolte direttamente, diremmo oggi, nella pastorale.
Entriamo ora nel vivo del discorso pastorale, rincuorati da una storia biblica che vede nella famiglia un elemento di comunione e di coesione della comunità cristiana. Ancora oggi la parrocchia è il luogo in cui la famiglia può realizzare la sua vocazione e a cui può dare un enorme contributo di umanità e di fede. Vogliamo vedere la parrocchia, casa tra le case, ma anche famiglia di famiglie. Le famiglie costituiscono la struttura portante della parrocchia e sono chiamate ad essere soggetto protagonista della vita pastorale parrocchiale, in cui esse possono riversare i doni dello Spirito di cui sono arricchite.



 
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