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Piano Pastorale 2003-2004 PDF Stampa E-mail
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sabato 30 agosto 2003
Indice articolo
Piano Pastorale 2003-2004
Contemplare
Uscire
Accompagnare
Narrare
Celebrare
Vivere in Cristo
Conclusione
Santa Maria della strada

4. Evangelizzare Gesù per dare un nuovo senso alla strada (narrare)

Evangelizzare significa raccontare all’uomo di ogni tempo la più bella notizia: Gesù.
E’ quello che ha fatto Filippo con l’eunuco. Nella storia esemplare di Gesù l’eunuco trova la risposta alla propria sterilità, la accetta pienamente e la rende così, secondo il paradosso del Vangelo, sterilità feconda. Mi accorgo con gioia della grande ricchezza che c’è nella Chiesa dentro i Movimenti e i Gruppi ecclesiali; tutti, pur sviluppando aspetti differenti della vita cristiana, sono accomunati da questo clima “narrativo” dell’annuncio di Cristo e lo inseriscono in un originale percorso di formazione: prendono come modello pedagogico la Strada (Agesci), propongono un cammino guidato dalla Parola (Neocatecumenali), attingono alla Sua forza trasformante per il dono dello Spirito (Rinnovamento), La incarnano nel servizio al territorio (Azione Cattolica), chiedono a questa Parola di dare un giudizio liberante sulla storia (Comunione e Liberazione), ne fanno strumento di unità ecumenica (Focolari) o proposta privilegiata per la vocazione dei giovani (Movimento Apostolico); e altre realtà potremmo nominare come frutto di quella nuova Pentecoste invocata al Concilio Vaticano II quarant’anni fa. Il racconto della Pasqua di Gesù ha il potere dato dallo Spirito alla Parola di trasformare il cuore di tutti. La parrocchia dovrebbe essere luogo in cui ci si ferma a vivere l’assemblea domenicale, a formare un solo corpo nutriti dall’unico pane nel riposo della Pasqua settimanale.
 
Attraverso la chiave che Filippo gli dà per l’interpretazione della sua vita l’eunuco può passare dall’incontro con una Parola all’incontro con una Persona, il Cristo. Se in Gesù, Servo Sofferente, la condizione di morte è stata vinta dalla potenza della risurrezione, questa possibilità riguarda ciascun uomo che Lo accoglie. Dalla sua condizione di impotenza e di morte, di sterilità e solitudine l’eunuco si è aperto alle immense possibilità dello Spirito e ora “tutto può in Colui che gli dà la forza” (Fil 4,13).
 
La pastorale delle parrocchie si china misericordiosa su tutte le situazioni di sterilità, di infecondità, di morte; e le evangelizza. Esse sono tante.
Pensiamo a quanti hanno fallito il loro matrimonio e si sono legati ad un’altra persona magari non sposata; o alla sofferta infecondità di quanti, abbandonati dal coniuge, continuano ad essere fedeli al sacramento, incorrendo spesso nel biasimo e nella derisione; o a quanti preferiscono la convivenza al riconoscimento della propria unione condannandola alla sterilità sociale.
C’è l’infecondità biologica di alcune coppie. Questa spesso procura loro sofferenze psichiche inaudite, le conduce a crisi relazionali profonde o le porta al martirio di terapie dolorosissime non sempre sostenute da una visione etica delle cure adottate pur di avere a qualunque costo un figlio.
Drammatica è l’infecondità provocata dall’aborto; esso è assunto come soluzione estrema per sfuggire al biasimo sociale, o per evitare il peso di paternità e maternità non volute o scelto con dissennata superficialità per non rinunciare al proprio benessere, o per povertà o per ignoranza: l’aborto è piaga ancora diffusa, indotto dall’egoismo di tanti uomini e praticato con leggerezza da tante donne, che spesso solo dopo, e troppo tardi, prendono dolorosa coscienza d’essersi rese arbitre della vita di qualcun altro.
Anche la sofferenza fisica, una malattia cronica dura da sopportare o un handicap non accettato possono chiudere il cuore alla Grazia.
Ma la morte può abitare ancor più nel cuore di quanti sono incapaci di dare un perdono a chi li ha gravemente offesi. Frequentano magari la parrocchia, si accostano ai sacramenti, ma covano odio nel cuore e vivono una vita spirituale infeconda senza i frutti delle opere buone.
Altri, toccati dalla morte di un familiare, non riescono ad accogliere la speranza della risurrezione per i loro cari. Già nel piano pastorale La speranza non delude (p. 21) accennavo all’urgenza di attenzionare queste situazioni di morte facendo dei cimiteri un luogo privilegiato di evangelizzazione.
Il mondo giovanile è attratto da tutto ciò che è estremo, compresa la morte. La perdita dei valori e l’assenza di centrali educative dotate di autentica forza centripeta li lascia in balìa di una cultura dell’effimero, in cui anche la vita finisce per essere disprezzata. In internet molti portali sono dedicati alla morte o veicolano messaggi di violenza o odio razziale, la cinematografia cerca trame sempre più cruente, e così la stampa giovanile, compresi i fumetti o i videogiochi. Sono davanti a noi gli episodi di cronaca in cui i giovani sono protagonisti di efferati delitti; e già nel passato ho invitato a riflettere sull’inquietante aumento tra loro del numero dei suicidi proprio sul nostro territorio. E sulla strada molti giovani muoiono per l’alta velocità, ultimo sballo di intere notti trascorse fuori di casa.
Cosa sarà mai della nostra società se l’albero più bello, quello della giovinezza, avvizzisce sterile, incapace di produrre frutti di rinnovamento?
Anche i poveri, spesso vittime dell’ingiustizia della nostra società, delusi nelle aspettative di un dignitoso posto di lavoro, si chiudono in una sorda rabbia verso tutte le Istituzioni; rabbia che non di rado rivolgono anche contro la Chiesa, le cui strutture e i cui beni vengono da essi visti come un privilegio da ricchi.
C’è poi una povertà spirituale, forse la più infeconda, quella di coloro che mettono la loro vita in mano ai maghi, spesso conducendo alla rovina economica la propria famiglia; di coloro che praticano lo spiritismo, e si dilettano di scienze occulte, di esoterismo, rivestendo di una patina culturale il proprio assenso a satana e aderendo a sette contrarie ai valori del Vangelo. Altri, solo per ignoranza, danno a spiritari e fattucchieri un rispetto di cui dovrebbero piuttosto vergognarsi.
Ho detto già tante volte che la piaga di queste perniciose sterilità dell’anima può essere curata solo con una diffusione ad ampio raggio del Vangelo e delle Scritture nelle forme pastorali che sembrano più adatte (CEB, Cellule di evangelizzazione, Gruppi biblici, Peregrinatio Mariae) e con l’assunzione delle forme di pietà popolare opportunamente purificate da ciò che non è conforme al Vangelo e raccordate con la pedagogia sapiente dell’anno liturgico.
Viviamo inoltre in un territorio che “storicamente è la culla del fenomeno malavitoso tristemente noto con il nome di mafia; mentre la massoneria, sistema perverso di un pensare e di un progettare politico, economico e sociale, - e anima di un sistema burocratico che schiavizza le coscienze, - ha messo radici nella nostra cultura, condizionandone la vita e lo sviluppo” ( da Ecco ora il momento favorevole, p. 5)
 
In molte di queste situazioni descritte non si può cambiare la condizione di partenza, ma l’annuncio e l’accoglienza del Cristo risorto producono un ri-orientamento della vita che consente di guardare con occhi nuovi alla propria situazione (è questo il senso della parola conversione). Un passato di morte può trasformarsi in un luminoso futuro di vita. Il nostro eunuco non cambia la meta del suo viaggio: l’aspetta a Gaza la Regina Candace, i suoi doveri di tesoriere. Ma l’acqua trovata in quel deserto gli ha cambiato l’atteggiamento del cuore.
 
Non mancano i segni di speranza.
Molti cristiani, dopo aver lasciato per lungo tempo le sorgenti della Grazia nella Chiesa, in seguito ad esperienze negative vissute lontano dalla comunità ecclesiale, o a causa di un lutto o di una sofferenza, magari evangelizzati da un “Filippo” di turno (per grazia di Dio ce ne sono tanti anche nella nostra Chiesa), decidono di ritornare alla vita di fede e alla pratica dei sacramenti. Sono a volte poco preparati, bisognosi di una catechesi appropriata, ma pieni di entusiasmo; da alcuni, in particolare in Francia dove esiste un’azione pastorale specifica per loro, vengono chiamati: “I ricomincianti”; essi sono una speranza per tutti noi, segno di una accondiscendenza benevola dello Spirito di Cristo che mai abbandona la sua Chiesa, ma sempre la ringiovanisce, la rinnova e mette nel cuore del figlio perduto il desiderio del ritorno alla casa paterna.
 
Guardiamo a tante testimonianze d’amore cristiano che, non disdegnando il pericolo e la precarietà della strada, vanno a cercare le persone rese infeconde dalle ingiustizie della nostra società, quindi incapaci di scegliere da sole la via del bene. Pensiamo al lavoro che uomini come don Oreste Benzi stanno facendo con le persone disabili, o le prostitute, o i tossicodipendenti in centri di accoglienza o attraverso la struttura delle case-famiglia dell’Associazione Giovanni XXIII; o alla missione “Speranza e Carità” portata avanti a Palermo da Biagio Conte verso i barboni senza casa che di notte, perduti per le strade della città, hanno bisogno di cure. Ma anche nella nostra diocesi si avvertono segni positivi sia nel lavoro dei centri di ascolto Caritas delle parrocchie sia nella promozione umana promossa dalla Caritas diocesana, ma anche in una ripresa del volontariato che solo nella gratuità del suo proporsi può tornare ad avere la patente di credibilità.
 


 
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