Home
Con Gesù, Pane di Speranza PDF Stampa E-mail
Condividi
sabato 17 giugno 2000
Il profeta Isaia mette in bocca a Dio il richiamo che è una costante della profezia in Israele: "Mio servo tu sei, ti ho scelto, non ti ho rigettato" (Is.41,9). Quanto amore in questo dire di Dio, quanta passione per l'uomo non c'è! Dio sceglie e non rigetta Israele; Dio ama e non abbandona il suo popolo. Tutte le volte che Israele ha smarrito la via di Dio e si è allontanato da Lui è avvenuto perché ha dimenticato questa fondamentale verità ha cercato altre sicurezze, ha posto la sua speranza e indirizzato il suo cuore ad altri dei falsi e bugiardi. Nel cammino del deserto verso la terra promessa gli Israeliti, dimentichi di Dio e del suo amore, mentre Mosè si trovava sul monte Sinai per ricevere da Jahvè le tavole della legge, si costruirono un vitello d'oro e si prostrarono ad adorarlo. Eppure con mano forte e braccio potente Dio li aveva fatti uscire dall'Egitto e prodigi e segni della sua salvifica presenza in mezzo a loro non erano certamente mancati! "Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte e anche ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra vittoriosa. Poiché io sono il Signore tuo Dio che ti tengo con la destra e ti dico: Non temere, io ti vengo in aiuto" (Is.41,10-12). Nel Santo Vangelo non dissimili sono le parole con cui Gesù ammonisce gli apostoli che invia nel mondo come suoi testimoni: "Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima, temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna" (Mt.10,28). "Se Dio è con noi chi sarà contro di noi?" (Rm.8,31). "Posso tutto in Colui che mi dà forza" (Fil.4,13). "Senza di me voi non potete fare nulla" (Gv.15,5). Il giovane Davide, confidando nella potenza di Dio e fornito di una semplice fionda, va incontro al terribile gigante Golia il quale nulla può contro la forza di Dio e per mano di Davide rovina miseramente. Il canto di vittoria di Israele che ha attraversato il mar Rosso è il canto del fedele che prende coscienza con stupore delle meraviglie che Dio compie nell'animo di chi si fida di Dio e in Lui pone ogni speranza. Il canto di Maria nell'incontro con la cugina Elisabetta, il magnificat del suo cuore ricolmo di stupore per le grandi cose che Dio in lei sua serva ha compiuto è il canto della fede riconoscente, della speranza che non delude. Abramo fu chiamato da Dio a sradicarsi dalla sua terra, a farsi pellegrino, a puntare verso una terra sconosciuta. Egli non si fece assalire dal timore, pose la sua fiducia in Dio, "sperò contro ogni speranza e divenne padre di una moltitudine di popoli" (Gen.17,5). I calcoli umani, la ricerca di sicurezze bloccano il cammino della chiesa. La profezia ha i colori della speranza. Non mancano nel cammino della vita i motivi per abbatterci: difficoltà di ogni genere, incomprensioni, persecuzioni più o meno subdole. E' quello il momento in cui più forte dev'essere il nostro anelito verso Dio: "Non abbandonarmi, o Dio, mia salvezza" con il salmista dovremmo ripetere: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne, sono essi avversari e nemici a inciampare e cadere. Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me divampa la battaglia, anche allora ho fiducia. Egli mi offre un luogo di rifugio nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua dimora, mi solleva sulla rupe" (Sl.26,1-6). San Pietro nella sua prima lettera benedice Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha rigenerati mediante la risurrezione dai morti per una speranza viva. Ci invita ad essere ricolmi di gioia anche se ora siamo afflitti da varie prove. Nelle parole di Gesù, riportate dall'apostolo ed evangelista Matteo al cap.11,25-30, c'è la sintesi dell'atteggiamento del vero discepolo chiamato da Gesù a mettersi alla sua sequela. "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio gioco sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt.11,28-30). Il soffrire con Cristo Gesù ha il senso salvifico della purificazione e della guarigione, senza Cristo il soffrire sfocia nella disperazione più nera. Dopo il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci, vedendo la gran folla che lo seguiva, Gesù diede l'annuncio scioccante dell'Eucaristia, della necessità di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue per ottenere la vita. La folla lo abbandonò perché reputò questo discorso folle e inaccettabile e Gesù, senza mollare di una sillaba, rivolgendosi agli apostoli così li apostrofò: "Ve ne volete andare anche voi?" Pietro per tutti rispose: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna" (Gv.6,68) Davanti allo scandalo del mondo che non accetta il miracolo, che vuole passare tutto al vaglio della scienza e del ragionamento appaiono stranissime le parole del Santo Vangelo, scandalosa la logica delle beatitudini, il comandamento del perdono. Cristo Gesù ci chiama a "rendere ragione della speranza che è in noi" (1Pt.3,15). Cristo è la nostra speranza e noi sappiamo che "chi crede in Cristo non sarà deluso" (Rm.10,11). La speranza è la virtù teologale che muove la chiesa, è la molla della pastorale. Intorno all'altare del Signore, quando celebriamo la divina Eucaristia, noi attingiamo la speranza. Ricordiamo come i discepoli di Emmaus scoprirono Gesù risorto nell'atto dello spezzare il pane. "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc24,32). Giovanni Paolo II ci invita a varcare le soglie della speranza e varcare le soglie della speranza significa approdare al mistero, abbandonarci totalmente e completamente in Dio. L'uomo che possiede la virtù della speranza ha una marcia in più rispetto a chi non la possiede. L'apostolo Paolo ci invita ad essere nella gioia "perché non continuate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza" (1Ts.4,3). Disperazione è sinonimo di tristezza Speranza è sinonimo di gioia. "Salirò all'altare di Dio. A Dio che allieta la mia giovinezza" (Sl.42,4). L'Eucaristia è banchetto di gioia che preclude il banchetto eterno imbandito dal Padre per tutti noi. La gioiosa certezza che Dio non ci abbandona, che è per noi Padre, Salvatore, amico ci accompagni e l'Eucaristia, pegno di questo amore, ci aiuti a superare ogni possibile ostacolo e a non disperare mai. In ogni momento, sempre e dovunque Dio ci raggiunge con il suo amore. "Ecco io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt.28,20). Gesù Eucaristia, infondi coraggio e forza alla tua chiesa, attrezzala della speranza che non delude, fa che sappia osare, testimoniare, profetizzare senza paura, senza tirarsi indietro. O Gesù Eucaristia, dona alla chiesa che è in Trapani la virtù della speranza; pastore e gregge sappiamo camminare con gioia verso di Te certi del tuo amore, pienamente abbandonati in Te. Noi abbiamo fatto la scelta di essere e di vivere in una profonda e vera dimensione Eucaristica. Questo pellegrinaggio Eucaristico, cuore del grande Giubileo del 2000, ci ha visti pellegrini con te, o Gesù Eucaristia, il nostro credo in te ci appare più forte, la comunione tra di noi più intensa, il fervore e l'ardore apostolico - missionario più convinto. Aiutaci, o Vergine dell'Eucaristia, ad essere uomini e donne di speranza per tutti coloro che incontriamo sulla nostra strada.

Alcamo 17 giugno 2000
 
< Prec.   Pros. >
© 2024 Diocesi di Trapani
Progetto e Contenuti a cura dell'Ufficio Diocesano per le comunicazioni Sociali
Rendiconto 8xmille a cura dell'Economato Diocesano
Grafica MOOD comunicazione e design
Hosting & Coding ASSO Informatica Trapani su Joomla! un software libero rilasciato sotto licenza GNU/GPL.