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venerd́ 31 agosto 2001
31 Agosto Donaci, o Signore, di amare ciò che comandi e di desiderare ciò che prometti. I nostri cuori siano fissi lì dov'è la vera gioia. Che splendido ideale di vita! Che magnifico progetto da realizzare è questo! Amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti è il desiderio più grande, l'avventura più bella che ci è dato di vivere. Il nostro spirito è assetato di gioia, ma non si dà gioia vera se non in te. Fissare in Dio il nostro obiettivo dà gioia, gratificazione, serenità, salvezza. Quando viviamo la familiarità con Dio e lasciamo che lo Spirito di Cristo vive in noi pienezza di grazia e di consolazione si riversano su di noi, non abbiamo nulla da temere e nulla ci può mancare, abbiamo la certezza di un amore più grande che ci avvolge e di una gioia più piena che ci raggiunge. Affidandoci pienamente a Dio, i suoi comandi e i suoi precetti non sono gravosi, le sue promesse non sono vane e non ci costa molto dover amare ciò che Dio comanda e desiderare ciò che promette. Non è nel seguire i nostri desideri e i nostri umani progetti che possiamo dare un senso alla vita. Non sappiamo che cosa è bene per noi. Dio ha un progetto di amore che sta a noi conoscere e fare nostro. In questo consiste il nostro ideale di vita, sta qui l'essenza di una vita santa: votarci a Dio, facendo ogni giorno la sua volontà. Dovremmo in ogni istante chiederci: come Gesù vede questa circostanza, questo problema, questa scelta di vita? Gesù come giudica questa scelta, questo pensiero, questo desiderio, quest'azione? Cosa farebbe Gesù, come si comporterebbe se fosse al mio posto? Metterci dalla parte di Cristo, dal suo angolo di visuale ci dà la certezza di non sbagliare, di compiere la sua volontà. La vita nuova nello Spirito presuppone il pensare, il progettare e vivere nella fede. Troppi ragionamenti umani, terra - terra accompagnano le scelte del nostro vivere quotidiano. La grande e piccola storia va vista sub specie aeternitatis. Cedere a Dio il diritto di scelta, non accampare nessun diritto se non quello di accettare e vivere il volere di Dio è questa la tensione a cui aprirci come singoli e come comunità ecclesiale. La santità è accogliere la luce che è Cristo, è sperimentare l'abbandono pieno e senza riserve in Dio, è sentire la nostra incapacità a capire il vuoto e radicarci in un si a Dio filiale, obbedenziale, sofferto. Avere l'olio nelle lampade è non perdere mai di vista ciò che è essenziale e ciò che è marginale, ciò che conta ed è per sempre e ciò che è superfluo, ingannevole e mutevole. Vergini stolte siamo noi quando non viviamo nella trasparenza della fede, quando traffichiamo per raggiungere obiettivi puramente terreni quando non mettiamo al primo posto Dio e la sua volontà di amore quando ricerchiamo l'appagamento e la gioia nei beni del mondo quando non riusciamo a gustare la presenza appagante di Dio quando annaspiamo nella ricerca del vero corrosi dal dubbio quando dimentichiamo il cielo e strisciamo e mangiamo la terra quando non coltiviamo desideri e slanci di santità quando barattiamo la vera libertà aderendo alle lusinghe del mondo quando cadiamo nel peccato e non abbiamo il coraggio e la forza di rialzarci. Nel chiudere questo convegno vorrei rivolgere un invito urgente e pressante a tutti: lasciamoci condurre dallo Spirito nella via della santità. Diamo spazio alla santità. Una chiesa che vive lo sforzo di piacere al suo Signore è una chiesa che proclama e testimonia Cristo, accetta l'esigenza della santità, l'ideale della vita spesa per Cristo. L'ideale della santità, per intercessione della Vergine Maria, ci conquisti, ci plasmi, ci orienti a Gesù unica speranza certa della storia.

Erice, 31 Agosto 2001
 
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