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Omelia nel trigesimo della strage terroristica dell'11 settembre in America PDF Stampa E-mail
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gioved́ 11 ottobre 2001

Dopo l'undici settembre la parola che con ossessione ritorna più spesso nel parlare della gente comune è paura. Il terrorismo come ombra sinistra smorza ogni entusiasmo, tarpa le ali della speranza, carica di scenari apocalittici l'orizzonte del futuro, rende tutti più tristi e più pensosi. E' passato un mese da quel terribile atto di guerra. Il fanatismo religioso e l'odio contro l'opulento occidente ha fatto esplodere una strana miscela micidiale che ha stroncato migliaia di innocenti vite umane ree soltanto di aver preso gli aeri che i kamikaze avevano con lucida e crudele determinazione deciso di trasformare in bombe per distruggere altre vite umane colpevoli a loro volta solo di trovarsi in quel momento nelle due torre gemelle di New York e al Pentagono di Washington. Le sequenze di morte trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo sono l'agghiacciante cronaca di un evento che ha fatto tremare il mondo intero, l'ha fatto sentire più fragile e più vulnerabile. La guerra è oggi, purtroppo, una tragica realtà. Cosa ha determinato questo stato di cose?. La follia omicida è determinata dal fardello pesantissimo dei paesi poveri del terzo mondo. Ogni anno nel mondo muoiono di fame milioni di bambini, ai più è negato il diritto alla sanità, all'alfabetizzazione, a un tenore di vita accettabile. La follia omicida ha il marchio dell'ingiustizia, la rabbia dei poveri Lazzaro esclusi dalla mensa del ricco epulone. Lo scenario inquietante di un mondo ingiusto parte dai quartieri ghetto delle nostre città, ha il volto dei giovani disoccupati, delle famiglie senza tetto, della marginalità e dei comportamenti delinquenziali di tanti ragazzi abbandonati a se stessi. Chiuderci nel guscio del nostro perbenismo borghese è una tentazione e un rischio reale che provocano servilismo, devianza, azioni folli. Tutti siamo responsabili di tutti. Nessuno può tirarsi da parte, escludendo gli altri e facendo proprio il comportamento di Caino:"Sono forse il guardiano di mio fratello?"(Gen.4,9) Sulla strada di Gerico ci sono uno, tanti fratelli, il nostro prossimo che attendono il samaritano di turno. Cosa posso fare per gli altri? Ecco l'interrogativo che ognuno di noi deve rivolgersi per uscire dalla paura e caricarsi di speranza. Tutti possiamo e dobbiamo scuoterci dal torpore del disinteresse, dell'apatia, della noia, del qualunquismo. L'altro è mio fratello, l'altro non è un nemico, l'altro è da accogliere nella mia vita. Non ci è lecito essere felici da soli. Condividere, compatire, costruire insieme un mondo più giusto, più sano, più salubre, più felice è l'avventura bella alla quale il Signore Gesù ci chiama in quest'ora tragica della storia di questo inizio del Terzo Millennio. Si richiede che il valore uomo ritorni a splendere nelle nostre città, nelle nostre case, per le strade, ovunque. L'altro va rispettato, va amato, va servito non per quello che può dare, ma perché è dono, è valore. L'altro a partire dagli ultimi, dai bambini, dagli ammalati, dagli anziani è il valore da ristabilire se non vogliamo cadere nella barbarie, nella notte della storia. Che posto occupano gli anziani nel panorama delle nostre famiglie? Sono un peso di cui doversi liberare gettandoli in case di riposo lager? "Onora tuo padre e tua madre"(Es.20,12). E i piccoli? Guai chi li scandalizza, guai chi abusa di loro, guai chi si tura le orecchie e chiude gli occhi davanti alla strage degli innocenti programmata e veicolata da strutture di morte, da siti internet killer, dai nuovi sporchi e detestabili schiavisti che usano i bambini come merce per luridi, turpi, inconfessabili passioni carnali. E le donne? Carne umana venduta al migliore offerente. Le istituzioni latitano, i buoni non urlano il loro sconcerto, l'assuefazione al male dilaga. E' la narcotizzazione dei sentimenti, la morte dell'anima. Siamo oggi qui per dire basta a tutto ciò, per deciderci a scendere nel concreto della vita dando il nostro piccolo, ma necessario contributo alla rinascita sociale. Siamo qui per sconfiggere l'apatia e gridare la nostra voglia di giustizia, di solidarietà, di civiltà, di benessere per tutti. Siamo qui per pregare per le vittime e i carnefici, per gli uomini e le donne di buona volontà e i tanti sconsiderati e folli assassini, perché la pace, dono dello Spirito, si affermi sul mondo.

Trapani 11 ottobre 2001
 
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