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sabato 23 marzo 2002

Pasqua 2002


La storia della chiesa si costruisce a partire dalla Pasqua. La sua esperienza salvifica trae origine dall'evento della morte e della resurrezione di Cristo. Con la Pasqua la chiesa sperimenta la presenza viva e vivificante dello Spirito che a Pentecoste, completamento della Pasqua, scende sugli apostoli riuniti nel cenacolo sotto forma di lingue di fuoco. Alla luce della Resurrezione i discepoli del Signore rivisitano la loro esperienza di discepolato e le parole e i gesti di Gesù acquistano luce nuova, diventano elementi fondati per la missione a loro affidata. La Resurrezione è il miracolo per eccellenza, è la prova definitiva e convincente della divinità di Cristo, è il sigillo dell'autenticità e della verità della missione di Gesù nel mondo. Gesù è il Verbo di Dio che si fa uomo nel seno purissimo della Vergine Maria di Nazaret, in tutto simile a noi fuorché nel peccato, che si è sottoposto all'umiliazione infima della morte in croce e all'alba del terzo giorno, come aveva predetto, è risorto "distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere"(Gv.2,19). Dalla tomba vuota si leva il grido di speranza che attraversa tutta la storia di questi duemila anni e arriva forte fino a noi: "non è qui, è' risorto"(Lc.24,6). "Perché cercate tra i morti colui che è vivo"(Lc.24,5): "e, tornate dal sepolcro annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri"(Lc.24, 9). Sulle lapidi che coprono le tombe dei comuni mortali ci sta una scritta che con varianti più o meno simili suona quasi sempre così: "Qui giace". Ma Cristo non giace nel sepolcro; questa epigrafe non può riguardarlo. Non c'è epigrafe sulla pietra tombale di Gerusalemme perché la pietra è stata ribaltata dal sepolcro, perché le pie donne e i discepoli hanno potuto constatare che la tomba era vuota, perché hanno verificato e sperimentato la gioia di incontrare il Risorto, di dialogare con Lui, di mangiare con Lui, di toccare le sue piaghe. Cristo è veramente risorto. Questa è verità inconfutabile; non è una favola bella, non è una pia illusione, non è una bugia consolatoria, non è frutto di una allucinazione collettiva. La vita ha vinto sulla morte, la speranza sulla disperazione, la luce sulle tenebre, la gioia sulla tristezza, il bene sul male. La notte buia dell'odio, del tradimento, della passione prepara l'alba radiosa della Resurrezione. Se tutta l'esperienza di Cristo si fosse conclusa sul Golgota, se con la morte avesse chiuso definitivamente e per sempre la sua vicenda umana, interessante e straordinaria, se tutto si fosse esaurito nell'arco dei 33 anni della sua vita, noi non saremmo, oggi, qui a dire di Lui, ma tuttalpiù ne parleremmo come un grande della storia, grande come tanti altri personaggi che sono vissuti nel corso dei secoli. Siamo qui in suo nome, perché siamo cristiani, perché crediamo che Gesù Figlio di Maria di Nazaret e di Giuseppe è il Figlio Unigenito di Dio Padre e perché è risorto e vive in mezzo. Lui, il vivente, è in noi, ed è per noi la vita. "Ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede"(1Cor.15,17). Una cappa pesante, insopportabile di morte rischierebbe di schiacciare il mondo se il cielo non splendesse più sulla terra e il sole non la rischiarasse. Cristo è il Sole, la Luce vera che non tramonta, quella luce che il mondo ha cercato di occultare, ma non ha potuto distruggere. Esplode a Pasqua la luce e le tenebre si diradano. La storia, alla luce della Pasqua, è leggibile in termini di ottimismo, di speranza, di gioia, di pace, di fraternità, di solidarietà. Che significato diamo alla Pasqua noi uomini e donne del 3° millennio? Stare dentro la Pasqua cosa significa? Significa annunciare il mistero della resurrezione all'uomo del nostro tempo. C'è possibilità di resurrezione per l'uomo disperato e angosciato, per la società internazionale ferita dal terrorismo bieco? C'è speranza di resurrezione per i nostri paesi, per la nostra Sicilia angosciata da problematiche pesanti come enormi macigni che rischiano di schiacciarla e di sigillarla nel suo mondo arcaico di mafiosità, di servilismo, di accondiscendenza al male, di clientelismo, di apatia, di fatalismo, di omertosità? Si. A condizione che vi apriate al liberante annuncio della resurrezione, che la speranza non vi abbandoni nel quotidiano servizio di amministratori della cosa pubblica. Con la grazia del Signore potete incidere per cambiare in meglio la società. Lasciatevi guidare dall'onestà e dalla rettitudine del pensiero, ci sia in voi unità di vita tra quello che proclamate e quel che fate. Auguri, fratelli carissimi. La Santa Pasqua faccia esplodere gioia, serenità e pace in tutti voi.

Trapani, 23 marzo 2002
 
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