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Domenica delle Palme PDF Stampa E-mail
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domenica 20 marzo 2005
Cattedrale

“Benedetto Colui che viene nel nome del Signore” (Mt 21, 9).
 
Un ingresso regale alquanto singolare è quello che Gesù compie a Gerusalemme.
Cavalca un asino, la folla di bambini e di giovani si accalca intorno a Lui agitando rami di ulivo e di palme, canti di giubilo, osanna si levano verso di Lui, al suo passaggio vengono stesi i mantelli a terra.
SI avvera la profezia che il Messia sarebbe entrato in Gerusalemme cavalcando un asino.
C’è gioia intorno a Gesù, una gioia spontanea, sincera, che irrompe improvvisa appena si diffonde la notizia che Egli sta per entrare in Gerusalemme.
È la gioia che esplode nei cuori semplici, non inquinati dalle logiche del potere, la gioia di chi coltiva la speranza, vive l’attesa, è proteso al futuro, attende con trepidazione l’alba di un giorno nuovo.
Inizia con questo tripudio di gioia la Settimana Santa,
clou di tutto l’anno liturgico,
giorni di grazia nei quali riviviamo nel Mistero il dramma della passione, morte e risurrezione di Gesù.
 
 
È la gioia di un amore sconfinato che ci raggiunge e ci fa nuovi nello Spirito,
la gioia tutta spirituale di chi ha incontrato Gesù, il Messia e Salvatore e sente il bisogno di lodare, di benedire, di osannare il suo nome.
Tutta la Quaresima è stata un cammino dell’anima proiettato verso la Pasqua,
un cammino ritmato dall’ascolto della Parola che ha nutrito la nostra fede, ha motivato il nostro sì a Cristo, la nostra adesione alla Chiesa che ci è madre per il Santo battesimo.
Cristo occupa tutto lo scenario della storia.
Davanti a Lui non si può rimanere indifferenti e apatici.
Bisogna prendere posizione, esprimere il nostro sì, la nostra adesione o il nostro rifiuto.
Il racconto della Passione ci porta al cuore del Mistero,
mistero di amore di un Dio fattosi uomo che si immola sulla croce per la salvezza dell’uomo.
Quando si è raggiunti dall’amore non c’è posto per la tristezza,
c’è solo diritto alla gioia.
Il dramma della Passione non ha i connotati di una tragedia senza speranza,
quel sepolcro in cui viene deposto da mani pietose il corpo inerte di Gesù è il luogo teologico del nostro credo.
Quel credo che si esprime nell’alleluja, nel canto della vita, della gioia più pura e più vera, la gioia della vita che vince sulla morte, della luce che fuga le tenebre, del bene che sconfigge il male.
 
La Settimana Santa è una porta spalancata sull’eterno,
è un’immersione salutare nell’oceano di luce infinita,
è un tormento di amore che inonda il nostro spirito e lo innalza alle sublimità del divino, all’estasi della beatitudine.
Fratelli e figli carissimi,
lasciamoci raggiungere da quest’onda benefica di amore,
non sciupiamo la bellezza di questi giorni di intensissima gioia spirituale disperdendoci nella selva oscura di una religiosità popolare degenerata a semplice folklore.
Meditare, contemplare, vivere il Mistero Pasquale significa innanzitutto cambiare vita, operare quella conversione del cuore che è sì dono di Dio, ma è anche sforzo e conquista dell’uomo credente.
Non lasciamoci irretire nelle maglie di un sentimentalismo chiassaiolo,
attingiamo dalla preghiera, dalla meditazione della Parola, dalla partecipazione devota alla sacra liturgia la luce e la forza per camminare sicuri nella via del bene e per vivere nella gioia.
Gesù è il Messia e Salvatore delle nostre anime, che dobbiamo riconoscere, amare, lodare, adorare.
È Lui la speranza, la luce, la forza, la gioia della nostra vita.
Fortunati noi se ci lasceremo permeare dal Mistero della Pasqua e se daremo alla nostra vita il sapore e il colore della Pasqua.
Una vita pasquale è una vita cadenzata dalla verità, spesa per amore, donata per il bene.
L’osanna al Messia, Re e Salvatore Gesù Cristo è il nostro osanna di fede e di amore che qui ed ora intendiamo innalzarGli con la nostra bocca ma ancor di più con il nostro cuore e con la nostra vita.
AMEN

 
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