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Piano Pastorale 2000-2001 PDF Stampa E-mail
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venerd́ 01 settembre 2000
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Piano Pastorale 2000-2001
Schede

Piano Pastorale 2000

PREMESSA

Image L'escatologia è l'orizzonte entro cui intendiamo muoverci nel delineare il piano pastorale per la nostra comunità diocesana, in quest'anno che chiude il grande giubileo del 2000 e ci apre al terzo millennio. Vita morale e vita cristiana non sono realtà in parallelo poiché se così fosse si causerebbero fenomeni di dissociazione, e la dissociazione è vera patologia per lo spirito, debolezza e fragilità di cui, purtroppo, è piena la storia personale di tanti uomini e donne del nostro tempo, e non sono neppure realtà contrapposte quasi che l'etica fosse la negazione del Vangelo. Prendendo a norma la celebre frase di S. Agostino "Ama e fa ciò che vuoi" c'è chi tira la conseguenza che la norma uccide l'amore, che ogni afflato di libertà viene soffocato dalla norma, che la norma intristisce la vita, la blinda e non la fa essere pienamente vita.

LA SPERANZA NON DELUDE


 La speranza colora di ottimismo la storia, dà un senso al feriale della vita, funestato assai spesso da tristi fenomeni di delinquenza, attanagliato dal male fisico e morale. La disperazione offusca la mente, indurisce il cuore, dà spazio alla follia, consegna la vita al tarlo roditore del non senso, dell'infelicità esistenziale e della noia. "Chi di speranza campa disperato muore" è il grido epicureo di chi non àncora la speranza alla certezza somma, al Dio di Gesù Cristo, morto e risorto per noi. La speranza certa è l'ancora lanciata all'uomo sballottato dalle onde del mare della vita, spesso burrascoso e in tempesta: è la mano amica che dona fiducia, infonde ottimismo, carica di significato il fluire del tempo. La speranza è dono che viene da Dio ed ha Lui come oggetto sommo. L'apostolo Paolo ci invita a rendere ragione della speranza che è in noi, a dare spazio alla speranza lasciando che Dio lavori in noi. Mostrando al mondo questa incrollabile certezza offriremo la chiave di volta per affrontare da vincitori i problemi della vita. Bisogna "Sperare contro ogni speranza", lottare fidandoci non sulle nostre fragili forze, fondare la speranza su Colui che tutto può, il Vincitore e Signore della storia, dare radici divine alla speranza, invocandola nella preghiera incessante a Dio autore della speranza, sposare la speranza come compagna del nostro pellegrinaggio terreno, rischiare sulla speranza sapendo guardare oltre, non fermandoci agli angusti orizzonti del tempo e dello spazio. Chi spera è capace di osare, di rischiare, di compromettersi, di affrontare la testimonianza suprema del martirio.

IMPEGNO PERSONALE E COMUNITARIO


Ci lasceremo guidare dalla parabola delle mine che l'Evangelista Luca al Cap.19,11-27 pone immediatamente dopo l'incontro con Zaccheo. "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: impiegatele fino al mio ritorno" (Lc.19,12-13). E' Gesù, il Verbo fattosi carne nel seno purissimo di Maria, quest'uomo di nobile stirpe che, in seguito all'evento straordinario ed unico della sua resurrezione e dopo le diverse apparizioni ai discepoli per confortarli e confermarli nella fede, ritorna nella gloria del Padre, ascende vittorioso in cielo, riprende quella gloria che gli appartiene perché Dio con il Padre e con lo Spirito. Gesù consegna alla sua chiesa i tesori della grazia, della verità che libera, della salvezza. Il Vangelo, i sacramenti, i poveri sono i tesori di Cristo consegnati alla chiesa. L'imperativo: "Impiegatele fino al mio ritorno" richiede assunzione di responsabilità, impegno, disponibilità, generosa e gioiosa operosità, senso del dovere. A nessuno è lecito tenere solo per sé il dono di salvezza ricevuto, a nessuno è consentito lasciar isterilire la linfa vitale della grazia con l'insipienza, l'inedia, il disinteresse e la noia, a nessuno è permesso sciupare la ricchezza della fede con un comportamento dissociato, con una vita incoerente, a nessuno è dato di lasciar correre la vita nell'insignificanza, nella mancanza di consapevolezza, nel disorientamento. Sfruttare fino in fondo, con intelligenza e con amore, i doni di Dio è un obbligo, un dovere, una necessità, un mandato che non possiamo e non dobbiamo disattendere. Sperare e non sperare, credere e non credere, avere coscienza e non averla, operare e non operare: ecco il dilemma di una scelta da dover compiere ogni giorno per dare significatività alla nostra esistenza, per non correre invano, senza meta, per non vivere l'assurdo di una storia senza storia. Nelle nostre mani Dio pone le nostre sorti e le sorti dell'umanità tutta. A Lui, fine ultimo della nostra vita, siamo chiamati a rendere conto nel giudizio finale.

CON SGUARDO ATTENTO
E SPIRITO PROFETICO DAVANTI AL MONDO


Se guardo con occhio attento e con spirito profetico la realtà socio-politico-religiosa di questo straordinario momento storico che stiamo vivendo balza subito ai miei occhi una sorta di cristianesimo senza fede, una salvezza possibile senza trascendenza (immortalità dell'anima, giudizio finale, resurrezione dei morti, vita eterna), un accomodamento alla vita e all'agire del mondo che non nega esplicitamente Dio, ma vive praticamente l'eclissi di Dio. E' lo scenario del mondo secolarizzato, in una fase che appare di seconda secolarizzazione che ci pone davanti a due possibili derive: lo spiritualismo soggettivizato e l'etica della relazione. Una sapiente impostazione pastorale consiste nel prendere coscienza e nel cercare di interpretare alla luce della Parola di Dio, della tradizione, del Magistero della chiesa e delle scienze sociali l'odierno scenario della storia caratterizzato e qualificato come "società della gratificazione istantanea". Sono fermamente convinto che non ci sono stagioni culturali più o meno propizie all'annuncio del Santo Vangelo. Ogni tempo è tempo propizio e favorevole. L'azione evangelizzatrice della chiesa è sorretta e guidata dall'azione dello Spirito che non va mai in vacanza. E' certo che Dio può suscitare figli di Abramo anche dalle pietre. "Nulla è impossibile a Dio". Natanaele di Cana di Galilea, da fine pensatore, si pone con spirito critico nei riguardi del rabbì di Nazaret e, da bravo conoscitore della Sacra Scrittura, esprime il suo giudizio in forma interrogativa: "Da Nazaret può venire qualcosa di buono"? (Gv.1,46). "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1 Cor.1,27). Il presbitero, forte della consegna ricevuta da Cristo, di andare e annunziare la buona novella del Regno può, oggi, porsi nell'atteggiamento di "difensor fidei"? La parrocchia pò ridursi a confutare le tesi degli avversari (penso ai fratelli protestanti, ai testimoni di Geova, alle tante sette che pullulano anche nei nostri paesi) o non deve piuttosto far parlare della divina Rivelazione? Si tratta solo di abilità nel comunicare la fede, di saper ben utilizzare le tecniche della comunicazione oppure di far risaltare il fuoco vivo del messaggio evangelico?

LASCIANDOCI ABITARE DALLA PAROLA


Lasciarsi abitare dalla Parola, permettere che ci avvolga il Mistero è condizione indispensabile per interpretare la Parola, per leggere sapienzialmente la storia, per calare nella città degli uomini l'eterna, immutabile, salvifica verità. in quest'ottica pastorale l'esperienza umana viene assunta, purificata, plasmata, sostenuta dal Mistero che la illumina, la trascende, le dà un senso. Auspico per la nostra chiesa di vivere l'apertura alla libertà che si affida al Mistero, dal quale il nostro essere e il nostro operare, la storia tutta trova la sua ragione d'essere, il suo vero significato.

APRENDOCI AL MISTERO


Leggere l'esperienza dell'uomo aprendoci al Mistero di Dio, rivelatosi pienamente e definitivamente in Cristo Gesù, è la fatica dell'accompagnamento cordiale e dell'ascolto profondo delle "fatiche, speranze, problemi dell'uomo di oggi" (Gaudium et spes). Il roveto ardente in cui Mosè ravvisa la presenza di Dio è l'amore crocifisso, "scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma sapienza per chi crede" (1Cor.1,23). Su questo Amore che si dona "fino alla fine" nella Pasqua del Signore si gioca la storia dell'uomo sulla terra. Oggi molta gente vive, come se Dio non ci fosse, quanti uomini e donne vivono la deriva di uno spiritualismo soggettivistico disincarnato e menzognero, di un credo religioso di stampo terapeutico e solidaristico.

OSTACOLI E STRUMENTI DI SALVEZZA


Farsi un Dio a propria immagine e somiglianza è una tentazione antica, nata con l'uomo; ricercare forme di religiosità gratificante e consolatorie, aggrapparsi a riti, liturgie, culti che procurano benessere psichico, soddisfano bisogni immediati, rispondono ai desideri reconditi dell'uomo, ecco l'insidia che vedo serpeggiare anche nella nostra chiesa. Vedo fondamentalmente un pericolo, uno scoglio da evitare, da cui guardarci: il pericolo del legalismo. L'annuncio e la celebrazione, non sostenuti dalla vita con il peso del suo feriale, tendono a irrigidirsi in modalità legalistiche, ripetitive, senz'anima, incapaci di coinvolgere le persone. Il rischio è quello di avere un annunzio asettico e una liberazione stantia, ammuffita, archeologica. Individuo nel bisogno di trasfigurazione del cristiano la via maestra del sentire e del vivere pastorale della nostra chiesa. Il religioso con tutta la sua valenza di pietà popolare, di tradizioni, di segni non solo non va demonizzato e represso, ma va assunto, purificato e trasfigurato nel cristiano. Il dolce peso e la fatica pastorale di questo nostro tempo è passare dal devozionale "sic et simpliciter" al vocazionale, in uno sforzo di ricerca appassionata e di incontro vitale con la persona di Gesù al cui discepolato siamo chiamati.

SERVIRE CON AMORE


La chiesa si scommette per divino mandato a servire l'uomo; è la logica conseguenza di quell'imperativo "impiegateli" ma senza lasciarsi omologare dalla semplice realtà solidaristica. Bisogna promuovere il volontariato e la cultura della carità a cui l'uomo di oggi è molto attento e sensibile. La nostra chiesa è impegnata su questo fronte con iniziative splendide, ma può fare e deve fare di più. La pastorale della carità dev'essere intelligente, organizzata; deve guardare ai bisogni e cercare di dare risposte promozionali per l'uomo; non dev'essere strumento per legare le persone, ma per promuoverle. Bisogna che si vada oltre il bisogno, bisogna scoprire e far scoprire il bisognoso: questa è la strada che la rete di centri di ascolto sul territorio della diocesi intende perseguire. E' necessario partire dal bisogno materiale, dare risposta al bisogno materiale per scoprire l'abisso di miseria, di bisogno spirituale in cui tanti vivono, portandoli via via ad incontrare la Verità, a desiderare la luce, a gioire della scoperta di Cristo, aprendoli alla comunione con il Padre nello Spirito. Ridurre il cristianesimo a semplice solidarismo è grave peccato. Il ministero della Carità deve approdare a una nuova, più forte, motivata e consapevole esperienza di comunione che trova nella chiesa, mistero di comunione, la sua più chiara epifania. Bisogna "trafficare" i doni di Dio nella realtà complessa del mondo odierno, muovere il quadro complessivo della pastorale ordinaria, per snellirne i vari settori e svecchiare certe abitudini che l'appesantiscono, prendono tanto tempo ed energie.

SCEGLIAMO LA VITA


Scelta prioritaria e fondamentale mi appare quella di impegnarci in cammini per e con gli adulti sul versante della vita professionale, del lavoro, della famiglia, con lo sguardo alle dinamiche inter ecclesiali e civili, sociali, missionarie, caritative. Penso alla preparazione al matrimonio e alle giovani coppie nel momento decisivo della generazione e dell'accompagnamento ai primi passi della vita cristiana dei figli. C'è bisogno di unn lavoro di squadra, passione e corresponsabilità dei laici per andare incontro ai bisogni umani e religiosi della famiglia e non fermarci alla superficie dei problemi. Circa la preparazione al matrimonio è scontato che vanno bene i corsi di preparazione al matrimonio o sono già superati? Richiedono un vistoso aggiustamento nella prospettiva, nella metodologia, nei percorsi, nei contenuti? Già nel cammino di fede dei giovani è necessario puntare alla dimensione vocazionale del matrimonio per strapparlo dalla prevalente comprensione narcisistica e privatistica che lo contraddistingue nel sentire comune. Serve un itinerario catecumenale al matrimonio cristiano ancor prima che il giovane approdi al fidanzamento. La speranza si costruisce giorno dopo giorno nelle coscienze dei giovani che guardano al futuro, lo sognano, lo progettano, si proiettano in esso con slancio, generosità e fiducia. La società del domani vive già nell'oggi dei giovani, nelle loro attese, nei loro desideri, nei loro slanci, nella loro volontà di costruire un mondo più giusto, più umano, più vero.

LA MODERNITA' E' VALORE


La modernità con tutta la sua valenza di positività innovativa va assunta come valore. La modernità è il riconoscimento del lavoro che Dio va compiendo nella storia degli uomini, è l'accettazione della perenne novità di Dio che fa nuova ogni cosa. L'occhio limpido del credente, non offuscato dal fumo delle false ideologie, si posa sulla città degli uomini con sguardo di amore, di compassione, di fraterna condivisione. L'occhio credente scava nelle pieghe dell'odierna società alla ricerca del bene che in maniera sotterranea, nascosta, umile si fa lentamente strada. L'uomo non è condannato alla dannazione; la storia non è solo il succedersi di guerre; di odi, di ingiustizie; la città non è il luogo del peccato, della trasgressione, del dolore.

I TESTIMONI DANNO SENSO ALLA STORIA


Dentro la storia delle nostre città c'è un potenziale di bene, ci sono semi di bontà, testimonianze autentiche di santità sconosciute, ma preziosi tesori di abnegazione, di amore, di servizio vero all'uomo, ai più poveri, agli ultimi della società. Il lievito di bene non finisce di fermentare la nostra società. le città Babele anelano di diventare Gerusalemme, città della pace. C'è bisogno di chi, trafficando con intelligenza i doni ricevuti, faccia emergere tutto il bene che c'è nel mondo, lo promuova, lo affermi con la testimonianza della propria vita. C'è chi rischia la propria vita per un sociale più umano e i martiri in questo campo non mancano. Il martirio del bene comune perseguito ad ogni costo, della giustizia e della legalità affermate con forza, è storia positiva che riempie di ottimismo l'animo di quanti hanno a cuore le sorti dei nostri paesi. La speranza non può e non deve tagliarci fuori dalla storia tormentata e splendida del nostro territorio, ma deve spingerci come chiesa a fomentare, organizzare tutto quanto è necessario per rendere la città terrena, città della pace, luogo di armonia, di fraternità, di vera solidarietà. E' tempo di pensare e progettare dei cammini mirati alla formazione al socio-politico; non è una novità per la nostra diocesi poiché qualcosa in passato è stata tentata, ma si tratta di rilanciarla in maniera nuova e più snella.

L'ETERNO DA' SENSO AL TEMPO


La speranza va evangelizzata, ponendo attenzione ad alcuni momenti della vita in cui la sensibilità degli uomini è più acuta, le domande di fondo si fanno più pressanti, l'orizzonte appare denso di nubi che ne impediscono l'esatta visuale. La morte è un momento carico di perché, tragico, che interpella tutti con forza. La morte scuote la speranza, la mette in crisi, ma la sollecita anche ed apre le porte della mente e del cuore di chi vive nella morsa del dolore e desidera ardentemente di uscirne. Mi preoccupa pastoralmente non poco vedere i cimiteri, nel giorno del Signore, sempre più intasati di visitatori che portano fiori e ceri alle tombe dei loro cari e le chiese sempre più vuote di cristiani. Quale catechesi sulle verità ultime portiamo avanti? Il culto dei morti richiama le usanze pagane dell'antichità, apre al magico mondo dello spiritismo come via per dialogare e vivere in comunione con le persone care che non sono più. Le messe nere, i sacrifici e le feste che gruppi satanici celebrano presso cimiteri e chiese abbandonate sono segni rivelatori di un disagio esistenziale, di una insoddisfazione di fondo, di un vuoto di valori, di un'assenza di speranza. La magia, piaga diffusa e letale per la fede cristiana, prende tanti battezzati, li conduce nei meandri tenebrosi di una divinazione consolatoria, li proietta in una dimensione della vita non retta dalla Provvidenza, dalla volontà di bene del Dio amore, ma nel capriccio di volontà perverse intrise di odio e di vendetta. Le fatture, il malocchio e la superstizione intimoriscono gli animi, li bloccano in un sentire senza cielo, senza la speranza che viene da Dio, e riducono la salvezza a magici intrugli, ad amuleti, a strani sortilegi e azioni. Al Divino incontrato nella preghiera e sperimentato nella liturgia si sostituiscono riti, simboli e parole consolatorie, falsamente salvifiche, nell'illusione di captare l'imponderabile, di costringere il divino a piegarsi alla volontà umana. Quante vittime di ciarlatani, imbroglioni, traffichini ci sono in giro! "Se Dio c'è, sarebbe bello arrivare alla fine della vita dicendo: in Te, Domine, speravi non confundar in aeternum" (Giuliano Toraldo Di Francia- fisico). Sull'onda di un sentire culturale laicista e settario si afferma una linea di pensiero che tende a negare l'oltre restringendo l'orizzonte della vita entro l'ambito angusto e meschino di un tempo limitato, autoreferenziale, terreno, senza nulla concedere al bisogno di infinito insito nel cuore dell'uomo. Il nichilismo attanaglia le coscienze e sigilla lo slancio dello spirito umano, rappresenta la pietra tombale che occulta la speranza.

SPERARE E' LA NOSTRA FORZA


Sulle ceneri di un'umanità ferita non ci può essere riscatto se non si punta decisamente a far rinascere i semi di speranza, se non si dà la possibilità di far decollare la speranza. "La speranza non delude". E' forza propulsiva, è capacità di risorgere, è impegno e testimonianza di vita, è gioia e ottimismo, è capacità di incidere nella città degli uomini, è la grande risorsa che dobbiamo sfruttare al meglio per rendere la città degli uomini meno tenebrosa e più solare, città della pace, della giustizia, della legalità e dell'amore. Le verità ultime, morte, giudizio, inferno e paradiso ritornino a segnare i pensieri dei credenti in un orizzonte di speranza che non delude e che salva. Credo in Te Dio della speranza, certezza che si parte dalla tomba vuota dove all'alba del terzo giorno dalla morte in croce del Dio crocifisso l'annuncio della vita è risuonato nel mondo. Amo la vita perché dono di Dio amo la storia luogo dell'intervento amoroso di Dio amo la città, spazio vitale dell'incontro di Dio con l'uomo. Rendimi seme di speranza, o Signore, in questo momento della storia, in questo territorio, in questa comunità cristiana di Trapani. Fá che io non mi tiri indietro davanti alle responsabilità della vita. Costruisci in me un edificio di speranza certa, avvolgimi con la tua forza onnipotente, da ai miei pensieri una marcia in più nella fede che accetta l'imprevedibile, e si gioca tutto sulla tua Parola. O Gesù dolcissimo, fammi essere volto radioso di speranza per gli ultimi, seme nascosto che marcisce per dare frutti, mano amica capace di alleviare le sofferenze, i drammi, le tragedie che scuotono la città. Maria di Nazaret, fá che brilli la luce amica della verità davanti ai miei occhi credenti. Che io sappia amare la vita guardare oltre e naufragare nell'eterna meta del mio cammino. Morte, giudizio, inferno, paradiso verità solari, pensieri amici, dolce abbandono nel Dio Padre misericordioso accompagnino il cammino sofferto e gioioso della vita, illuminata, sostenuta, guidata da questa umile e preziosa compagna: la speranza.

Amen.




 
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