Giovedì Santo - Messa Crismale
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giovedì 12 aprile 2001
"Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore"(Is.61,1).

Nell'Antico Testamento attraverso l'unzione con l'olio venivano consacrati i re, i sacerdoti e i profeti. Gesù si presenta come il Messia, l'inviato dal Padre, il consacrato per una missione salvifica.

Gesù ponendosi sulla scia dei profeti, dei sacerdoti, dei re dell'Antico Testamento applica a sé il passo del profeta Isaia, riportato dall'evangelista Luca. Nella simbologia accreditata non solo presso il popolo ebreo l'olio è segno di abbondanza, irrobustisce le membra, dà forza per affrontare gli ostacoli e le lotte della vita.

Quattro dei sette sacramenti, strumenti della grazia voluti da Cristo Gesù per noi, hanno come segno l'olio: il battesimo, la cresima, l'ordine, l'unzione degli infermi.

La Santa Eucaristia con cui si apre il grande triduo pasquale è detta Missa Chrismatis, messa degli oli, poiché durante questa santa liturgia vengono benedetti e consacrati gli oli che verranno distribuiti alle comunità parrocchiali per l'amministrazione dei sacramenti.

Quest'anno l'olio è stato fornito dai ragazzi della comunità terapeutica diretta da P. Lo Bue, ragazzi vittime della droga che cercano di redimersi, di riscattarsi dal terribile dramma in cui si sono lasciati trascinare, di uscire dal tunnel della droga che uomini senza scrupoli, criminali e malavitosi mettono in commercio per vile denaro.

Quest'olio viene dalle campagne di Castelvetrano, da terre confiscate ai mafiosi e che oggi sono affidate dallo stato a questi giovani che le lavorano e nel lavoro trovano il riscatto e la voglia di vivere una vita vera senza le catene e la schiavitù della droga.

Quell'olio del riscatto e della salvezza per questi giovani è l'olio che oggi noi consacriamo, simbolo di una Sicilia che non ha paura di sfidare i padroni del territorio e che intende ribellarsi alla logica della mafia atea e assassina che tiene bloccata, ingessata, paralizzata la nostra terra che possiede enormi capacità e possibilità di rinascita economica e sociale.

La speranza non delude. Su questo tema ci stiamo confrontando, in quest'anno pastorale 200-2001. Questo gesto di condivisione è un modo bello, significativo ed educativo di vivere e di organizzare la speranza. I giovani della comunità terapeutica e la nostra chiesa di Trapani dicono no alla piovra del male e intendono scommettersi per l'avvento di un mondo migliore, libero dalle schiavitù, dagli egoismi, dall'illegalità, dall'odio e dall'ingiustizia.

Spunterà l'alba di un giorno nuovo per la nostra terra di Sicilia, l'alba della resurrezione e della vita che ha nome rispetto per la legalità, la giustizia, la vita dell'uomo?

Si, fratelli e figli carissimi, se insieme, scrollandoci la paura di dosso, compiremo il cammino della liberazione delle coscienze dai mali morali, se educheremo le nostre menti, disinquineremo i nostri cuori e daremo spazio all'amore redentivo di Cristo.

Il giovedì santo di ogni anno, fratelli e figli presbiteri, è un appuntamento desiderato, voluto, vissuto nel segno dell'amicizia, dell'intimità, del desiderio di condividere il ringraziamento e la lode alla Santissima Trinità per la grandezza e la preziosità del dono del sacerdozio che ha segnato la nostra vita per sempre: il sacerdozio ministeriale.

Grande è il mistero di cui siamo stati fatti, a titolo speciale, testimoni e ministri.

Il ministero presbiterale è:

Mistero di un'amore senza limiti

Mistero di unità

Mistero della divina diakonia

Il giubileo ci ha lasciato una grande eredità che dobbiamo con saggezza e ardore sfruttare al massimo.

"Duc in altum": riprendiamo con fiducia il cammino, gettiamo le reti fidandoci sulla Parola, ripartendo da Cristo, contemplando il suo volto radioso.

Grazie, fratelli e figli carissimi, per tutto l'amore, la passione, lo spirito ecclesiale con cui avete vissuto il giubileo.

Grazie per il lavoro umile e nascosto che portate avanti, per il vostro ministero discreto, tenace e creativo che vi vede impegnati in un mondo talora ostile, ampiamente secolarizzato e che vi espone all'insidia della stanchezza e dello scoramento.

La nostra forza è Cristo. Siamo invitati a vivere in intimità con Lui. C'è sete di Cristo nella società. "Solo autentici testimoni possono irradiare credibilmente la parola che salva".

Fra i tanti aspetti dell'incontro con Cristo il S. Padre, nella lettera che ci indirizza in questo giovedì Santo, sceglie quello della riconciliazione sacramentale.

Anche se nell'anno santo c'è stata una frequentazione maggiore a questo sacramento, purtroppo una certa, vistosa crisi permane. Bisogna con forza riproporre il senso e la pratica di questo sacramento, punto di forza per il cammino verso la santità.

L'ideale della santità non deve mai abbandonarci poiché è dalla santità della vita che scaturisce lo slancio apostolico.

Con Pietro ci sentiamo di dire: "non mi laverai mai i piedi"(Gv.13,8), infatti chi di noi può dire di essere degno del dono ricevuto?

Dobbiamo sentire la grazia del sacerdozio come una sovrabbondanza di misericordia "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gv.15,16).

Egli ci ha scelti e si serve di noi anche se peccatori. Non ci rifiuta anche se come Pietro lo abbiamo rinnegato.

La nostra vocazione è "mistero di misericordia". L'esperienza dell'apostolo Pietro è paradigmatica per tutti noi che abbiamo ricevuto il compito apostolico nel triplice grado del sacramento dell'ordine.

Nella pesca miracolosa Gesù chiede a Pietro un atto di fiducia nella sua parola, anche se ha tentato tutta la notte e non ha preso nulla. Sulla parola di Gesù gettò le reti e fu grande pesca.

La Parola di Dio svela la sua potenza, ma quanta trepidazione, quanto timore non prende l'apostolo! La luce lo raggiunge e scopre tutta la sua piccolezza, la sua indegnità ed esclama: "Allontanati da me, o Signore, perché sono un peccatore" (Lc. 5,8) e Gesù lo raggiunge con la sua misericordia: "Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini"(Lc.5,10).

Il peccatore diventa ministro di misericordia.

Gesù non ha avuto paura di scegliere i ministri del perdono tra i peccatori.

Dopo la resurrezione Pietro, richiesto da Gesù, esprime per tre volte il suo amore per Lui, un amore che non esclude la sua fragilità. Sulla base di questo amore Pietro sarà costituito capo degli apostoli.

Anche nell'esperienza d
i Paolo si coglie tutta la gratuità della scelta di Cristo. Da persecutore egli è costituito apostolo. Ciò gli brucerà dentro per tutta la vita, ma lungi dal deprimerlo, gli metterà le ali.

Quando si è avvolti dalla misericordia di Dio si sente maggiormente il bisogno di testimoniarla e di irradiarla.

La voce che lo raggiunge sulla via di Damasco lo porterà a vivere il servizio apostolico come ministero di riconciliazione: "Tutto questo viene però da Dio, che ci ha riconciliati con se mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2 Cor. 5,18).

Da questi due testimoni della riconciliazione siamo invitati a vivere con senso di profonda, infinita gratitudine il dono del ministero. Tutto è dono, tutto è grazia!

Se la nostra fragilità non ci abbandona e cadiamo nel peccato dobbiamo abbandonarci alla misericordia di Dio, chiedere umilmente perdono e riprendere prontamente il cammino di santità.

L'impegno della santità è il primo punto di una saggia programmazione pastorale.

Riscopriamo il sacramento della riconciliazione come strumento fondamentale della nostra santificazione.

Avvicinandoci al fratello sacerdote per ricevere l'assoluzione viviamo la consolante verità di essere, prima ancora che ministri, membri dell'unico popolo di salvati. "Con voi cristiano, per voi vescovo" (S.Agostino Discorso 340,2), confessando i nostri peccati con umiltà e fede sentiamo scendere in noi il balsamo della parola che ci inonda e ci immerge nella misericordia di Dio e ci rimette in cammino verso la santità.

Solo chi sperimenta la tenerezza dell'abbraccio del Padre può trasmettere agli altri lo stesso calore quando agisce da ministro.

"Se non ti laverò i piedi, non avrai parte con me" (Gv.13,8). Gesù aiuta Pietro a compiere la bontà del processo di purificazione che lo fa sentire bisognoso del perdono di Dio.

Riscopriamo la bellezza di questo sacramento e ricorriamo assiduamente a questo sacramento per essere meno indegni dei misteri che celebriamo.

"Crea in me, o Dio un cuore nuovo, rinnova in me uno spirito saldo"(Sl.51,12).

Il sacramento della Riconciliazione, irrinunciabile per ogni esistenza cristiana, si pone come sostegno, orientamento e medicina della vita sacerdotale.

La crisi di questo sacramento nel popolo santo di Dio oltre che nell'attenuarsi del seno del peccato ha anche la sua radice in un certo indebolimento del nostro entusiasmo e della nostra disponibilità nell'esercizio di questo esigente e delicato ministero.

Il sacramento della riconciliazione è la via ordinaria per ottenere il perdono di Dio. Non ci sono scorciatoie, né vie parallele.

C'è una diffusa richiesta di spiritualità, c'è un vivo bisogno di incontro personale in una società anonima e massificante che isola e, se coinvolge, coinvolge in un vortice di relazioni funzionali.

La confessione non va confusa con una terapia psicologica. Essa svolge un ruolo umanizzante in quanto il ministro è chiamato ad accogliere, ad ascoltare, a dialogare, a non tirarsi indietro nella disponibilità.

La radicalità del Vangelo deve sempre accompagnarsi alla delicatezza e alla comprensione "Nessuno ti ha condannato? Neanch'io ti condanno, và ed'ora in poi non peccare più"(Gv.8,11).

E' necessario far riscoprire l'aspetto comunionale del sacramento contro un modo privatistico di viverlo. Le liturgie penitenziali comunitarie che si concludono con la confessione e l'assoluzione individuale sono di grande importanza per comprendere la duplice dimensione della riconciliazione: personale e comunitaria.

Per vivere fruttuosamente questo sacramento bisogna combattere contro una tendenza minimalista che si oppone alla radicalità del Vangelo. Per tanti la percezione del peccato non è misurata sul Vangelo, ma sui luoghi comuni, sulla normalità sociologica che fa pensare di non essere responsabili di cose che fanno tutti, tanto più se sono cose legalizzate, vedi il divorzio e l'aborto.

La nuova evangelizzazione deve puntare alla radicalità del Vangelo, alla sua forza cogente. Il Vangelo non è una panacea per i mediocri che si misurano su criteri di onestà sociologicamente intesa, ma è una forza travolgente, trasformante e controcorrente che va intesa correttamente ed accettata integralmente.

Riceviamo il dono liberante dell'amore e ci impegniamo di conseguenza a vivere nella prospettiva della santità.

Cristo è con noi e non ci abbandona. Egli è sempre pronto a darci il suo perdono. In contemplazione del Cristo, in questo mistico cenacolo, in cui si rinnova sacramentalmente il mistero della croce, vogliamo, fratelli e figli carissimi, prendere coscienza della nostra umana fragilità e solennemente proporre di sperimentare il dono della misericordia di Dio vivendo con assiduità il sacramento della riconciliazione, premessa indispensabile per un autentico e vero cammino di santità.

Le strategie pastorali, i piani e i progetti pastorali approdano a nulla se non viviamo intensamente uniti a Cristo come tralci al tronco, se non ci immergiamo nell'oceano della misericordia di Dio con cuore umile, se, fatti nuovi nello spirito, non ci faremo ministri buoni di riconciliazione facendo la sola scelta che qualifica e dà senso e frutto al nostro agire sacerdotale.

Ritorniamo al confessionale, ritorniamo a sostare con Gesù in contemplazione del suo volto radioso, ritorniamo ad essere presbiteri secondo il cuore di Cristo, meno impegnati nelle cose da fare e più protesi a vivere l'incontro trasformante con Cristo.

È questa la scelta vincente: la scelta della santità.

O Vergine del Cenacolo

dolcissima madre dei ministri del tuo figlio Gesù, unico e

sommo sacerdote della nuova ed eterna alleanza,

affido a te il presbiterio di questa santa chiesa

che ho avuto affidata dalla bontà misericordiosa di Dio

per essere apostolo e testimone del tuo Figlio.

Convincici, o Madre, della bontà del sacramento della riconciliazione

ancora di salvezza, nuovo battesimo nel naufrago della vita,

facci amare questo sacramento,

facci gustare la gioia dell'abbraccio del Padre,

fà che siamo ministri attenti, amorevoli e premurosi

della misericordia di Dio

perché cresca il desiderio della santità in noi

e possiamo con il tuo aiuto

far crescere questo desiderio nei fedeli

affidati alle nostre cure.

Trapani, 12 Aprile 2001