OMELIA S. MESSA 24 GENNAIO 2002
Condividi
giovedì 24 gennaio 2002
1) Lo Spirito del Signore ci dà la gioia, stasera, di fare memoria della mia ordinazione episcopale a 13 anni da quel 24 gennaio 1989 quando nella basilica d'oro di Monreale venivo ordinato Vescovo.
Sono felice di essere apostolo della Santa Chiesa di Dio. Sono felice di spendermi come apostolo in questa carissima e amata comunità ecclesiale di Trapani. Il mistero di una vita segnata dalla grazia della chiamata ad una specialissima sequela di Cristo è tutto racchiuso nel mistero dell'amore onnipotente e misericordioso di Dio. È Lui, il Signore Gesù che mi ha voluto suo ministro, suo apostolo e mi ha dato la grazia di seguirLo. A Lui oggi chiedo con ardente preghiera di concedermi la grazia della perseveranza perché viva solo per Lui e per Lui spenda tutta la mia vita. Aiutatemi a dire grazie e ad implorare la grazia di essere un fedele discepolo di Gesù, un suo degno ministro.
2) Abbiamo vissuto questa giornata da pellegrini unendoci spiritualmente al Santo Padre che si è fatto pellegrino ad Assisi per implorare la pace per tutti gli uomini.
Dopo l'11 settembre dell'anno scorso l'umanità è piombata in un'angoscia terribile a causa del terrorismo mai così devastante, crudele e dirompente scatenatosi contro una potenza mondiale, improvvisamente scopertasi vulnerabile e messa in ginocchio nei suoi simboli di benessere e di potenza. L'odio satanico ha fatto esplodere a catena reazioni che in diverse parti del mondo hanno portato e portano distruzioni e morte. Fermare questa catena di odio è compito della politica degna di questo nome, coltivare la cultura dell'amore è la missione che come chiesa siamo chiamati a promuovere in ogni modo. Le armi della chiesa sono quelle della Parola, del digiuno e della preghiera. Il 14 dicembre contemporaneamente con la fine del ramadam islamico abbiamo digiunato destinando al martoriato popolo dell'Afganistan quanto abbiamo risparmiato con il digiuno. Ieri sera ci siamo raccolti in una veglia di preghiera durante la quale abbiamo fatto risuonare nel nostro cuore la Parola di Dio: "Giustizia e pace si baceranno"(Sl.84,11).
3) La pace è il dono del Cristo risorto, il dono di chi è sorgente della vita, il dono di chi è la vita.
La pace non è un semplice appagamento dello spirito, non è un'utopia da coltivare, non è un sentimento da caldeggiare. La pace è una situazione dell'uomo che si realizza, si vive, si sperimenta nella giustizia, nell'ordine, nella legalità, nel rispetto reciproco, nella solidarietà, nell'amore vicendevole, nel perdono. La pace è dono di Dio ed è conquista quotidiana dell'uomo chiamato a percorrere progetti di pace, a lavorare perché la pace permei la storia personale e sociale. Il primo anelito di pace è nell'uomo, nella sua coscienza personale e va decisamente assecondato e coltivato. Coltivare la pace in noi è vivere nella legge del Signore, verificarci in Lui, rifugiarci, riposare con filiale abbandono in Dio, oceano di pace, fonte di ogni appagamento e quindi della pace. "Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in te". La pace tra gli uomini esige la capacità di ascolto dell'altro e la volontà di dialogo senza remore, ispirato alla verità, aperto al confronto sereno e costruttivo, impastato dell'anelito di giustizia e di legalità, capace di superare le barriere ideologiche e gli steccati del dogmatismo settario che genera fondamentalismo. L'auspicio di una pace vera tra i popoli perché mettano fine ai conflitti infiniti che affligono tanta parte dell'umanità si fa preghiera al Padre, datore di ogni bene, perché non faccia mancare il dono della pace ai popoli della terra e ascolti il grido dei poveri, di chi subisce ingiustizie, oppressioni, distruzioni, guerre. Il vento della pace insieme al Vangelo di Cristo Gesù spazzi via l'odio, i rancori, le ingiustizie e faccia germinare la pianta della pace. Nella liturgia Eucaristica, memoriale della Pasqua del Signore Gesù Cristo, l'augurio della pace risuona più volte solenne e porta al credente il soffio vivificante dello Spirito, autore della pace vera perché risana, edifica, rinnova, porta vita alle ossa aride, dona l'interiore certezza di un amore che raggiunge e fa nuovi.
4) Questa chiesa che noi crediamo e amiamo e nella quale sperimentiamo la forza dello Spirito ci invita nella liturgia della parola a guardare ad essa come ad un gregge dove è Dio stesso che conduce le pecore, cioè i battezzati, al pascolo ed essa stessa è l'ovile di questo gregge.
Dio si presenta come il pastore e noi siamo le pecore. Il Salmo 22 è un canto di lode per le meraviglie che questo divin Pastore compie verso le sue pecorelle. "In pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome". È sostegno nel cammino, ristoro e forza nelle difficoltà della vita, fonte della gioia, presenza che porta delizia e conforto. L'immagine del profeta Ezechiele è ripresa da Gesù e applicata a se: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore ed esse conoscono me"(Gv.10,14). Dall'evangelista Giovanni abbiamo ascoltato il dialogo tra Gesù, buon pastore, e Pietro. È un dialogo in cui la fedeltà e l'amore di Pietro sono richiesti come condizione indispensabile perché Gesù possa affidargli la missione di pascere il gregge di Dio. "Simone di Giovanni, mi vuoi bene? Certo Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse pasci i miei agnelli"(Gv.21,15). La missione apostolica del pescatore di Galilea ha la sua ragion d'essere nell'amore di Cristo che lo ha scelto, chiamato alla sua sequela: "non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini"(Lc.5,10). Ma l'affidamento di questa impegnativa e straordinaria missione richiede l'adesione della mente e del cuore di Pietro alla persona di Gesù, al suo messaggio di amore e di pace. Ecco il perché della richiesta di Gesù a Pietro: Mi vuoi bene? E alla risposta affermativa di Pietro ecco la parola che suggella,ecco l'investitura di Pietro: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle". Questa parola, stasera, raggiunge il mio Spirito con una forza tutta particolare, mi interroga, mi chiama a compiere un serio esame di coscienza, a fare memoria con gioia e trepidazione, a rinnovare propositi, a caricarmi di responsabilità e a dare più profonde motivazioni al mio essere e al mio agire.
5) La mia vita è un dono di amore del Dio amore che fin dall'eternità mi ha pensato e voluto suo ministro, suo apostolo.
Non trovo una spiegazione plausibile sul perché io tra tantissimi altri sia stato scelto per essere ministro del Signore, apostolo della chiesa santa di Dio se non un amore più grande di Dio per me. Veramente l'eternità non mi basterà per dire grazie a Dio. Grazie, o Signore, perché mi hai creato, grazie perché mi hai fatto cristiano, grazie perché mi hai chiamato al sacerdozio, grazie perché mi hai voluto apostolo, grazie per avermi chiamato a servire questa comunità ecclesiale di Trapani. "Misericordias Domini in aeternum cantabo"(Sl.88,2). La mia vita è immersa nell'amore di Dio. Se guardo a ritroso vedo dispiegarsi questa trama di amore intessuta con sapienza e arte dal Signore: la mia famiglia, la mia parrocchia, le persone incontrate, il seminario, i compagni, i superiori, le tante figure di educatori santi. Tutto mi parla dell'amore di Dio, tutto mi conduce a Cristo. Ho avuto il dono di credere e la fede mi ha fatto vivere serenamente, mi ha dato forza per superare le difficoltà della vita. Mai, in nessun momento e in nessuna circostanza, è venuta meno in me la fede e la certezza dell'amore unico di Dio nei miei riguardi. Questa mia vita serena e fedele è la risposta che per grazia mi è stato dato di dare al Signore Gesù, il Quale mi ha dato il dolce peso, la responsabilità e la grazia di rappresentarlo come suo ministro, di essere a sua immagine pastore del gregge che sono chiamato a conoscere, a guidare e pascolare, ad amare con tutto me stesso.
6) Voi mi siete cari, figli miei carissimi nel Signore. Non mi appartengo perché sono possesso di Dio che mi usa per voi. Il mio tempo, la mia vita, tutto me stesso è di Dio e Tu ne fruisci, carissima chiesa di Trapani, nel quotidiano esercizio del ministero apostolico che con passione e con gioia, non per forza ma volontariamente svolgo in mezzo a te. Mi è caro spendermi per voi, carissimi figli, celebrando per voi i divini misteri, facendomi strumento dell'amore del Signore, annunciando la Parola di salvezza, ascoltando, dialogando, operando il giusto discernimento, camminando con voi da discepolo del Signore Gesù docile alla sua Parola. Con voi mi sento e sono cristiano, in forza del battesimo figlio di Dio e membro della chiesa. Questa è la dignità che ci accomuna, questa è la responsabilità che ci compete. Per voi sono apostolo e questo mi carica di ulteriore responsabilità in ordine alla vostra salvezza, al bene della chiesa. Quel pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle arriva alle mie orecchie e al mio cuore come un monito a non vivere tiepidamente ma con fervore, la vita, a convertirmi ogni giorno al servizio, a dare un colpo d'ali alla mia vita, a perseguire l'ideale della santità da testimoniare, a rinnovare ed accrescere l'impegno apostolico, a stimolare iniziative, a dare soluzioni le più giuste ai problemi, a rispondere con amore alle istanze di novità pastorali emergenti.
7) Un'attenzione particolare lo Spirito del Signore mi urge di vivere: la parrocchia nuova nel territorio.
Sulla parrocchia, realtà cenacolare, presenza di chiesa nel territorio, saremo chiamati a scommetterci in questi primi anni dell'inizio del terzo millennio. Vi chiedo docilità alle scelte pastorali che andremo con sereno discernimento attuando, in obbedienza allo Spirito di Cristo che è guida e anima della chiesa. Bisogna rispondere ai segni dei tempi, dare un senso al nostro percorso ecclesiale non bloccando il nostro cammino ma lasciandoci interpellare dalla storia e cercando di incarnare le istanze conciliari. È tempo di ripensare e di rinnovare l'impianto delle nostre parrocchie che non sono passate di moda, ma che conservano tutto il loro valore, sono un anello fondamentale con cui Dio vuol raggiungere l'uomo in situazione. Sogniamo parrocchie nuove con cristiani rinnovati, capaci, cioè di mettersi in discussione, non abbarbicati ad un passato dogmaticamente fissato in schemi di vita e di comportamenti ormai abbondantemente superati. E' richiesto a voi presbiteri una fedeltà e uno spirito obbedienziale a tutta prova e a voi laici una prova di amore a Cristo rendendovi disponibili a vivere l'esaltante avventura della ministerialità laicale.
8) O Gesù buon Pastore
Tu che conosci i segreti più intimi del cuore umano,
guida il mio cuore solo verso ciò che conta per te,
fa che arda di amore per te e per quanti hai donato la vita
morendo in croce.
O divin Pastore,
voglio spendermi solo per te e per le anime,
non voglio appartenermi,
voglio essere tua proprietà e tuo possesso.
Fa di me ciò che Tu vuoi,
plasma la mia vita per il servizio
perché non pensi, non viva, che per te
e nulla faccia che non ti sia gradito.
L'essere apostolo non mi inorgoglisca
ma mi porti ad essere servo per amore.
Il popolo santo legga nella mia vita
la bontà di te, Pastore buono che devo rappresentare.
Fa, o Gesù, che io conosca il mio gregge,
che lo ami di un amore puro e forte,
che senta la gioia della donazione piena
per fare di questo popolo di Trapani
il popolo salvato,
la chiesa tua santa.
Maria, madre del buon Pastore Gesù Cristo,
tu che hai accolto nel tuo seno la Parola
che in te si è fatta carne,
accogli anche me,
formami a immagine di Cristo buon Pastore
fammi essere un tuo figlio obbediente e devoto,
con un cuore di padre capace di comprendere,
di amare e perdonare.
Dammi le anime, o Cristo Gesù,
e toglimi tutto il resto.
Questa grazia ti chiedo, o Maria, con cuore docile
in questa memoria della mia ordinazione episcopale.
Ottienimi, o Madre, che io viva solo di Dio
per essere testimone credibile,
strumento del suo amore,
apostolo vero per questa chiesa di Trapani
che intendo amare e servire
con tutte le mie forze. Amen.

Trapani, 24 gennaio 2002