Omelia Mercoledì delle Ceneri 2003
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mercoledì 05 marzo 2003
"Convertiti e credi al Vangelo".
Nel rito delle ceneri e nelle parole che l'accompagnano è espressa tutta l'essenza del cammino quaresimale che ci prepara alla Pasqua del Signore. L'imposizione delle ceneri ci richiama alla nostra creaturalità "Ricordati, o uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai". Il qualunquismo, come modello culturale dell'uomo contemporaneo che vive tutto in maniera epidermica e istintuale, lascia la sua scia di veleno che ammorba le coscienze, le abbrutisce in un sentire superficiale, in un operare vuoto di valori e devastante. Siamo creature, da Dio sempre pensate, volute, amate. Svegliati, o uomo, dal tuo torpore, dal sonno del nulla. Riscopriti essere unico e irripetibile, creato per amore, posto in essere da Dio provvidente e padre. Creati a sua immagine e somiglianza, da Dio abbiamo avuto in potere la natura, siamo stati destinati a vivere in comunione di vita con Lui. Quante vite non vengono sciupate nel degrado e nel disprezzo della creaturalità usata, abusata, sacrificata dai più bassi istinti, dalla logica dell'usa e getta, dalla vendita della propria immagine. L'apparire che prende il sopravvento sull'essere, la cura del corpo che tralascia e ignora la dimensione spirituale della persona umana, la folle corsa verso l'appagamento di ogni appetito che mortifica le superiori aspirazioni dell'animo umano sono rischi sempre in agguato che possono far sprofondare la persona nel baratro del peccato che ha nome droga, sesso, potere, denaro. La creatura, che prende coscienza del suo essere dipendente da Dio, vive l'umiltà del suo essere non come una condanna dalla quale liberarsi in uno scatto di dignità calpestata, ma come un dono di amore da accogliere e vivere in pienezza riconoscendo in Dio, origine di ogni cosa che è nel mondo, la fonte della gioia, l'appagamento di ogni desiderio, la dolcissima certezza di rifugio sicuro. Non siamo il frutto del caso. La nostra vita non è fondata sul nulla. Non veniamo dal buio, non siamo il frutto del caso che in uno scherzo tragico ha permesso il formarsi dell'uomo, piccolo, sperduto atomo nell'immenso universo. Troppo perfetta è la creatura umana per essere il frutto del caso. C'è un pensiero creante che mette le ali alla speranza ci proietta in un cono di luce appagante che fuga ogni follia di onnipotenza. La rivelazione viene incontro al nostro bisogno di senso di vita, dà risposta ai perché fondamentali: perché sono nato? Perché vivo? Verso dove vado? La conversione è dono da chiedere a Dio perché ci porti ad amare la luce, a tendere verso la luce, a desiderare la luce della Verità che è Dio, perché in Dio possiamo vederci, pensarci nella verità del nostro essere. Pensarci in Dio è accettare il nostro limite, sentire gratitudine e riconoscenza per Colui che ci ha creati e redenti, vivere la gioia della comunione offertaci come pieno appagamento di ogni nostra aspirazione. "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre" (Mt.6,26). "Come una madre consola un figlio così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati" (Is.66,13). La conversione richiede di morire al nostro io per approdare in Dio, di far tacere le forze centrifughe che ci allontanano dal centro vitale che è Dio per centrare la nostra vita in Colui che è onnipotente e santo. Il cammino della conversione non può essere il fatto di un momento, ma dev'essere una costante della nostra vita. La vita dev'essere animata, guidata, sorretta dal desiderio-volontà-bisogno della conversione per non smarrire il giusto orientamento, per dare senso e valore all'umana esistenza. La situazione della creatura umana dopo il peccato di origine è segnata dalla tragica possibilità di stravolgere con il suo comportamento peccaminoso il piano di Dio, di vivere un'esistenza sganciata da Dio, di dare un orientamento alla vita diverso da quello voluto dal Creatore. Il peccato è sempre una tragica possibilità per noi ed è su questa scomodissima e inquietante verità che risuona attuale ed esigente l'imperativo di inizio quaresima: "Convertiti e credi al Vangelo". Convertiti: abbandona i tuoi pensieri terra terra e spazia nei cieli di Dio, lascia il tuo comodo e quieto vivere e accogli l'invito di Gesù a caricarti della croce ogni giorno e a seguirlo. Credi al Vangelo: accogli la Parola di vita con semplicità di cuore e senza sconti, fidati di Dio che in Cristo Gesù si è rivelato misericordia infinita, amore senza limiti, tenerezza somma. Il credo al Vangelo ci pone al sicuro dallo strappo tra fede e vita, tra pensiero e azione. Credere è accogliere e realizzare un progetto di vita, non è sapere qualcosa,
è vivere nel quotidiano la Parola che salva,
è lasciarci condurre per mano da Dio verso l'eterna beatitudine,
è dare ai nostri giorni il colore dell'eternità,
è dare alle nostre azioni il sapore del bene. "Quae sursum sunt sapite, non quae supra terram"(Col.3,2). Credere al Vangelo è accendere una luce amica nella nostra vita. "Conducimi tu, luce gentile" così si esprime in una bellissima lirica il Card. Newman. Credere al Vangelo è costruire sentieri di pace, di fraternità, di gioia e di vita,
è comunicare pace, gioia, fraternità e vita a quanti incontriamo sulla nostra strada,
è accettare le sfide dell'oggi non passivamente, non è subire l'attacco nefasto del male che ostentamente dilaga ovunque,
è contrapporre al male la volontà di bene e l'esempio testimonianza della vita ritmata dall'ascolto della Parola di Dio, sostanziata di Eucaristia, donata per amore. Dentro la storia di questo nostro tempo siamo chiamati a collaborare facendo nostro il progetto di Dio perché il suo regno venga in mezzo a noi. Ognuno è chiamato a fare la sua parte. Il mondo vive un'ora tragica della sua storia segnata da lutti, guerre, soprusi, malvagità e peccato. I venti di guerra soffiano furiosi e mettono tanta paura,
il terrorismo è sempre in agguato,
le diplomazie sono in affanno e in ordine sparso portano avanti progetti di pace spesso interessati,
il Papa richiama i battezzati e tutti gli uomini di buona volontà ad una giornata di digiuno per la pace.
La pace non è assenza di guerra.
La pace non è equilibrio di forze.
La pace non è guardarsi in cagnesco.
La pace non è godere egoisticamente dei beni che si possiedono.
La pace non è gioco di diplomazie.
La pace è tranquillità nell'ordine.
La pace è rispetto dell'altro.
La pace è comunione di intenti.
La pace è solidarietà fraterna.
La pace è gioia della vita che contrasta i progetti di morte.
La pace si costruisce partendo da ciascuno di noi.
Il digiuno per la pace richiede il coinvolgimento personale per la costruzione della pace. Dentro la storia personale di ogni uomo, nella concretezza dell'agire quotidiano bisogna alimentare le occasioni di pace. Il nostro digiuno per la pace sarà lo sforzo riuscito di superare i rancori, gli odi, le incomprensioni aprendoci a gesti di perdono, di solidarietà e di amore. Il digiuno per la pace si concretizza in uno stile di vita cristiana sostanziato di amore evangelico e di fraternità.
O Maria, Regina della pace,
ottieni il dono della pace
a questo mondo che si arrabbatte
in una quotidiana schermaglia
che non esclude la guerra,
ma l'alimenta con l'ingiustizia,
i soprusi e le angherie.
Fa, o Madre carissima,
che regni nei nostri cuori solo amore e perdono,
desideri e propositi di fraternità solidale
condizione indispensabile
per l'avvento della pace vera,
Dona, o Maria, ai responsabili delle nazioni
un cuore docile all'invito del tuo Figlio
per essere operatori di pace.
Il nostro digiuno per la pace
ci conduca a pensieri di pace
e non di afflizione,
ci faccia crescere ed amare il bene,
vivere nell'amore e nel perdono,
dare il nostro piccolo contributo
alla causa della pace.
Disinquinando dal male l'io
esploderà la pace nel mondo.
Amen.

Trapani, 5 marzo 2002