Piano Pastorale 2000-2001
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venerd́ 01 settembre 2000

Piano Pastorale 2000

PREMESSA

Image L'escatologia è l'orizzonte entro cui intendiamo muoverci nel delineare il piano pastorale per la nostra comunità diocesana, in quest'anno che chiude il grande giubileo del 2000 e ci apre al terzo millennio. Vita morale e vita cristiana non sono realtà in parallelo poiché se così fosse si causerebbero fenomeni di dissociazione, e la dissociazione è vera patologia per lo spirito, debolezza e fragilità di cui, purtroppo, è piena la storia personale di tanti uomini e donne del nostro tempo, e non sono neppure realtà contrapposte quasi che l'etica fosse la negazione del Vangelo. Prendendo a norma la celebre frase di S. Agostino "Ama e fa ciò che vuoi" c'è chi tira la conseguenza che la norma uccide l'amore, che ogni afflato di libertà viene soffocato dalla norma, che la norma intristisce la vita, la blinda e non la fa essere pienamente vita.

LA SPERANZA NON DELUDE


 La speranza colora di ottimismo la storia, dà un senso al feriale della vita, funestato assai spesso da tristi fenomeni di delinquenza, attanagliato dal male fisico e morale. La disperazione offusca la mente, indurisce il cuore, dà spazio alla follia, consegna la vita al tarlo roditore del non senso, dell'infelicità esistenziale e della noia. "Chi di speranza campa disperato muore" è il grido epicureo di chi non àncora la speranza alla certezza somma, al Dio di Gesù Cristo, morto e risorto per noi. La speranza certa è l'ancora lanciata all'uomo sballottato dalle onde del mare della vita, spesso burrascoso e in tempesta: è la mano amica che dona fiducia, infonde ottimismo, carica di significato il fluire del tempo. La speranza è dono che viene da Dio ed ha Lui come oggetto sommo. L'apostolo Paolo ci invita a rendere ragione della speranza che è in noi, a dare spazio alla speranza lasciando che Dio lavori in noi. Mostrando al mondo questa incrollabile certezza offriremo la chiave di volta per affrontare da vincitori i problemi della vita. Bisogna "Sperare contro ogni speranza", lottare fidandoci non sulle nostre fragili forze, fondare la speranza su Colui che tutto può, il Vincitore e Signore della storia, dare radici divine alla speranza, invocandola nella preghiera incessante a Dio autore della speranza, sposare la speranza come compagna del nostro pellegrinaggio terreno, rischiare sulla speranza sapendo guardare oltre, non fermandoci agli angusti orizzonti del tempo e dello spazio. Chi spera è capace di osare, di rischiare, di compromettersi, di affrontare la testimonianza suprema del martirio.

IMPEGNO PERSONALE E COMUNITARIO


Ci lasceremo guidare dalla parabola delle mine che l'Evangelista Luca al Cap.19,11-27 pone immediatamente dopo l'incontro con Zaccheo. "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: impiegatele fino al mio ritorno" (Lc.19,12-13). E' Gesù, il Verbo fattosi carne nel seno purissimo di Maria, quest'uomo di nobile stirpe che, in seguito all'evento straordinario ed unico della sua resurrezione e dopo le diverse apparizioni ai discepoli per confortarli e confermarli nella fede, ritorna nella gloria del Padre, ascende vittorioso in cielo, riprende quella gloria che gli appartiene perché Dio con il Padre e con lo Spirito. Gesù consegna alla sua chiesa i tesori della grazia, della verità che libera, della salvezza. Il Vangelo, i sacramenti, i poveri sono i tesori di Cristo consegnati alla chiesa. L'imperativo: "Impiegatele fino al mio ritorno" richiede assunzione di responsabilità, impegno, disponibilità, generosa e gioiosa operosità, senso del dovere. A nessuno è lecito tenere solo per sé il dono di salvezza ricevuto, a nessuno è consentito lasciar isterilire la linfa vitale della grazia con l'insipienza, l'inedia, il disinteresse e la noia, a nessuno è permesso sciupare la ricchezza della fede con un comportamento dissociato, con una vita incoerente, a nessuno è dato di lasciar correre la vita nell'insignificanza, nella mancanza di consapevolezza, nel disorientamento. Sfruttare fino in fondo, con intelligenza e con amore, i doni di Dio è un obbligo, un dovere, una necessità, un mandato che non possiamo e non dobbiamo disattendere. Sperare e non sperare, credere e non credere, avere coscienza e non averla, operare e non operare: ecco il dilemma di una scelta da dover compiere ogni giorno per dare significatività alla nostra esistenza, per non correre invano, senza meta, per non vivere l'assurdo di una storia senza storia. Nelle nostre mani Dio pone le nostre sorti e le sorti dell'umanità tutta. A Lui, fine ultimo della nostra vita, siamo chiamati a rendere conto nel giudizio finale.

CON SGUARDO ATTENTO
E SPIRITO PROFETICO DAVANTI AL MONDO


Se guardo con occhio attento e con spirito profetico la realtà socio-politico-religiosa di questo straordinario momento storico che stiamo vivendo balza subito ai miei occhi una sorta di cristianesimo senza fede, una salvezza possibile senza trascendenza (immortalità dell'anima, giudizio finale, resurrezione dei morti, vita eterna), un accomodamento alla vita e all'agire del mondo che non nega esplicitamente Dio, ma vive praticamente l'eclissi di Dio. E' lo scenario del mondo secolarizzato, in una fase che appare di seconda secolarizzazione che ci pone davanti a due possibili derive: lo spiritualismo soggettivizato e l'etica della relazione. Una sapiente impostazione pastorale consiste nel prendere coscienza e nel cercare di interpretare alla luce della Parola di Dio, della tradizione, del Magistero della chiesa e delle scienze sociali l'odierno scenario della storia caratterizzato e qualificato come "società della gratificazione istantanea". Sono fermamente convinto che non ci sono stagioni culturali più o meno propizie all'annuncio del Santo Vangelo. Ogni tempo è tempo propizio e favorevole. L'azione evangelizzatrice della chiesa è sorretta e guidata dall'azione dello Spirito che non va mai in vacanza. E' certo che Dio può suscitare figli di Abramo anche dalle pietre. "Nulla è impossibile a Dio". Natanaele di Cana di Galilea, da fine pensatore, si pone con spirito critico nei riguardi del rabbì di Nazaret e, da bravo conoscitore della Sacra Scrittura, esprime il suo giudizio in forma interrogativa: "Da Nazaret può venire qualcosa di buono"? (Gv.1,46). "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1 Cor.1,27). Il presbitero, forte della consegna ricevuta da Cristo, di andare e annunziare la buona novella del Regno può, oggi, porsi nell'atteggiamento di "difensor fidei"? La parrocchia pò ridursi a confutare le tesi degli avversari (penso ai fratelli protestanti, ai testimoni di Geova, alle tante sette che pullulano anche nei nostri paesi) o non deve piuttosto far parlare della divina Rivelazione? Si tratta solo di abilità nel comunicare la fede, di saper ben utilizzare le tecniche della comunicazione oppure di far risaltare il fuoco vivo del messaggio evangelico?

LASCIANDOCI ABITARE DALLA PAROLA


Lasciarsi abitare dalla Parola, permettere che ci avvolga il Mistero è condizione indispensabile per interpretare la Parola, per leggere sapienzialmente la storia, per calare nella città degli uomini l'eterna, immutabile, salvifica verità. in quest'ottica pastorale l'esperienza umana viene assunta, purificata, plasmata, sostenuta dal Mistero che la illumina, la trascende, le dà un senso. Auspico per la nostra chiesa di vivere l'apertura alla libertà che si affida al Mistero, dal quale il nostro essere e il nostro operare, la storia tutta trova la sua ragione d'essere, il suo vero significato.

APRENDOCI AL MISTERO


Leggere l'esperienza dell'uomo aprendoci al Mistero di Dio, rivelatosi pienamente e definitivamente in Cristo Gesù, è la fatica dell'accompagnamento cordiale e dell'ascolto profondo delle "fatiche, speranze, problemi dell'uomo di oggi" (Gaudium et spes). Il roveto ardente in cui Mosè ravvisa la presenza di Dio è l'amore crocifisso, "scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma sapienza per chi crede" (1Cor.1,23). Su questo Amore che si dona "fino alla fine" nella Pasqua del Signore si gioca la storia dell'uomo sulla terra. Oggi molta gente vive, come se Dio non ci fosse, quanti uomini e donne vivono la deriva di uno spiritualismo soggettivistico disincarnato e menzognero, di un credo religioso di stampo terapeutico e solidaristico.

OSTACOLI E STRUMENTI DI SALVEZZA


Farsi un Dio a propria immagine e somiglianza è una tentazione antica, nata con l'uomo; ricercare forme di religiosità gratificante e consolatorie, aggrapparsi a riti, liturgie, culti che procurano benessere psichico, soddisfano bisogni immediati, rispondono ai desideri reconditi dell'uomo, ecco l'insidia che vedo serpeggiare anche nella nostra chiesa. Vedo fondamentalmente un pericolo, uno scoglio da evitare, da cui guardarci: il pericolo del legalismo. L'annuncio e la celebrazione, non sostenuti dalla vita con il peso del suo feriale, tendono a irrigidirsi in modalità legalistiche, ripetitive, senz'anima, incapaci di coinvolgere le persone. Il rischio è quello di avere un annunzio asettico e una liberazione stantia, ammuffita, archeologica. Individuo nel bisogno di trasfigurazione del cristiano la via maestra del sentire e del vivere pastorale della nostra chiesa. Il religioso con tutta la sua valenza di pietà popolare, di tradizioni, di segni non solo non va demonizzato e represso, ma va assunto, purificato e trasfigurato nel cristiano. Il dolce peso e la fatica pastorale di questo nostro tempo è passare dal devozionale "sic et simpliciter" al vocazionale, in uno sforzo di ricerca appassionata e di incontro vitale con la persona di Gesù al cui discepolato siamo chiamati.

SERVIRE CON AMORE


La chiesa si scommette per divino mandato a servire l'uomo; è la logica conseguenza di quell'imperativo "impiegateli" ma senza lasciarsi omologare dalla semplice realtà solidaristica. Bisogna promuovere il volontariato e la cultura della carità a cui l'uomo di oggi è molto attento e sensibile. La nostra chiesa è impegnata su questo fronte con iniziative splendide, ma può fare e deve fare di più. La pastorale della carità dev'essere intelligente, organizzata; deve guardare ai bisogni e cercare di dare risposte promozionali per l'uomo; non dev'essere strumento per legare le persone, ma per promuoverle. Bisogna che si vada oltre il bisogno, bisogna scoprire e far scoprire il bisognoso: questa è la strada che la rete di centri di ascolto sul territorio della diocesi intende perseguire. E' necessario partire dal bisogno materiale, dare risposta al bisogno materiale per scoprire l'abisso di miseria, di bisogno spirituale in cui tanti vivono, portandoli via via ad incontrare la Verità, a desiderare la luce, a gioire della scoperta di Cristo, aprendoli alla comunione con il Padre nello Spirito. Ridurre il cristianesimo a semplice solidarismo è grave peccato. Il ministero della Carità deve approdare a una nuova, più forte, motivata e consapevole esperienza di comunione che trova nella chiesa, mistero di comunione, la sua più chiara epifania. Bisogna "trafficare" i doni di Dio nella realtà complessa del mondo odierno, muovere il quadro complessivo della pastorale ordinaria, per snellirne i vari settori e svecchiare certe abitudini che l'appesantiscono, prendono tanto tempo ed energie.

SCEGLIAMO LA VITA


Scelta prioritaria e fondamentale mi appare quella di impegnarci in cammini per e con gli adulti sul versante della vita professionale, del lavoro, della famiglia, con lo sguardo alle dinamiche inter ecclesiali e civili, sociali, missionarie, caritative. Penso alla preparazione al matrimonio e alle giovani coppie nel momento decisivo della generazione e dell'accompagnamento ai primi passi della vita cristiana dei figli. C'è bisogno di unn lavoro di squadra, passione e corresponsabilità dei laici per andare incontro ai bisogni umani e religiosi della famiglia e non fermarci alla superficie dei problemi. Circa la preparazione al matrimonio è scontato che vanno bene i corsi di preparazione al matrimonio o sono già superati? Richiedono un vistoso aggiustamento nella prospettiva, nella metodologia, nei percorsi, nei contenuti? Già nel cammino di fede dei giovani è necessario puntare alla dimensione vocazionale del matrimonio per strapparlo dalla prevalente comprensione narcisistica e privatistica che lo contraddistingue nel sentire comune. Serve un itinerario catecumenale al matrimonio cristiano ancor prima che il giovane approdi al fidanzamento. La speranza si costruisce giorno dopo giorno nelle coscienze dei giovani che guardano al futuro, lo sognano, lo progettano, si proiettano in esso con slancio, generosità e fiducia. La società del domani vive già nell'oggi dei giovani, nelle loro attese, nei loro desideri, nei loro slanci, nella loro volontà di costruire un mondo più giusto, più umano, più vero.

LA MODERNITA' E' VALORE


La modernità con tutta la sua valenza di positività innovativa va assunta come valore. La modernità è il riconoscimento del lavoro che Dio va compiendo nella storia degli uomini, è l'accettazione della perenne novità di Dio che fa nuova ogni cosa. L'occhio limpido del credente, non offuscato dal fumo delle false ideologie, si posa sulla città degli uomini con sguardo di amore, di compassione, di fraterna condivisione. L'occhio credente scava nelle pieghe dell'odierna società alla ricerca del bene che in maniera sotterranea, nascosta, umile si fa lentamente strada. L'uomo non è condannato alla dannazione; la storia non è solo il succedersi di guerre; di odi, di ingiustizie; la città non è il luogo del peccato, della trasgressione, del dolore.

I TESTIMONI DANNO SENSO ALLA STORIA


Dentro la storia delle nostre città c'è un potenziale di bene, ci sono semi di bontà, testimonianze autentiche di santità sconosciute, ma preziosi tesori di abnegazione, di amore, di servizio vero all'uomo, ai più poveri, agli ultimi della società. Il lievito di bene non finisce di fermentare la nostra società. le città Babele anelano di diventare Gerusalemme, città della pace. C'è bisogno di chi, trafficando con intelligenza i doni ricevuti, faccia emergere tutto il bene che c'è nel mondo, lo promuova, lo affermi con la testimonianza della propria vita. C'è chi rischia la propria vita per un sociale più umano e i martiri in questo campo non mancano. Il martirio del bene comune perseguito ad ogni costo, della giustizia e della legalità affermate con forza, è storia positiva che riempie di ottimismo l'animo di quanti hanno a cuore le sorti dei nostri paesi. La speranza non può e non deve tagliarci fuori dalla storia tormentata e splendida del nostro territorio, ma deve spingerci come chiesa a fomentare, organizzare tutto quanto è necessario per rendere la città terrena, città della pace, luogo di armonia, di fraternità, di vera solidarietà. E' tempo di pensare e progettare dei cammini mirati alla formazione al socio-politico; non è una novità per la nostra diocesi poiché qualcosa in passato è stata tentata, ma si tratta di rilanciarla in maniera nuova e più snella.

L'ETERNO DA' SENSO AL TEMPO


La speranza va evangelizzata, ponendo attenzione ad alcuni momenti della vita in cui la sensibilità degli uomini è più acuta, le domande di fondo si fanno più pressanti, l'orizzonte appare denso di nubi che ne impediscono l'esatta visuale. La morte è un momento carico di perché, tragico, che interpella tutti con forza. La morte scuote la speranza, la mette in crisi, ma la sollecita anche ed apre le porte della mente e del cuore di chi vive nella morsa del dolore e desidera ardentemente di uscirne. Mi preoccupa pastoralmente non poco vedere i cimiteri, nel giorno del Signore, sempre più intasati di visitatori che portano fiori e ceri alle tombe dei loro cari e le chiese sempre più vuote di cristiani. Quale catechesi sulle verità ultime portiamo avanti? Il culto dei morti richiama le usanze pagane dell'antichità, apre al magico mondo dello spiritismo come via per dialogare e vivere in comunione con le persone care che non sono più. Le messe nere, i sacrifici e le feste che gruppi satanici celebrano presso cimiteri e chiese abbandonate sono segni rivelatori di un disagio esistenziale, di una insoddisfazione di fondo, di un vuoto di valori, di un'assenza di speranza. La magia, piaga diffusa e letale per la fede cristiana, prende tanti battezzati, li conduce nei meandri tenebrosi di una divinazione consolatoria, li proietta in una dimensione della vita non retta dalla Provvidenza, dalla volontà di bene del Dio amore, ma nel capriccio di volontà perverse intrise di odio e di vendetta. Le fatture, il malocchio e la superstizione intimoriscono gli animi, li bloccano in un sentire senza cielo, senza la speranza che viene da Dio, e riducono la salvezza a magici intrugli, ad amuleti, a strani sortilegi e azioni. Al Divino incontrato nella preghiera e sperimentato nella liturgia si sostituiscono riti, simboli e parole consolatorie, falsamente salvifiche, nell'illusione di captare l'imponderabile, di costringere il divino a piegarsi alla volontà umana. Quante vittime di ciarlatani, imbroglioni, traffichini ci sono in giro! "Se Dio c'è, sarebbe bello arrivare alla fine della vita dicendo: in Te, Domine, speravi non confundar in aeternum" (Giuliano Toraldo Di Francia- fisico). Sull'onda di un sentire culturale laicista e settario si afferma una linea di pensiero che tende a negare l'oltre restringendo l'orizzonte della vita entro l'ambito angusto e meschino di un tempo limitato, autoreferenziale, terreno, senza nulla concedere al bisogno di infinito insito nel cuore dell'uomo. Il nichilismo attanaglia le coscienze e sigilla lo slancio dello spirito umano, rappresenta la pietra tombale che occulta la speranza.

SPERARE E' LA NOSTRA FORZA


Sulle ceneri di un'umanità ferita non ci può essere riscatto se non si punta decisamente a far rinascere i semi di speranza, se non si dà la possibilità di far decollare la speranza. "La speranza non delude". E' forza propulsiva, è capacità di risorgere, è impegno e testimonianza di vita, è gioia e ottimismo, è capacità di incidere nella città degli uomini, è la grande risorsa che dobbiamo sfruttare al meglio per rendere la città degli uomini meno tenebrosa e più solare, città della pace, della giustizia, della legalità e dell'amore. Le verità ultime, morte, giudizio, inferno e paradiso ritornino a segnare i pensieri dei credenti in un orizzonte di speranza che non delude e che salva. Credo in Te Dio della speranza, certezza che si parte dalla tomba vuota dove all'alba del terzo giorno dalla morte in croce del Dio crocifisso l'annuncio della vita è risuonato nel mondo. Amo la vita perché dono di Dio amo la storia luogo dell'intervento amoroso di Dio amo la città, spazio vitale dell'incontro di Dio con l'uomo. Rendimi seme di speranza, o Signore, in questo momento della storia, in questo territorio, in questa comunità cristiana di Trapani. Fá che io non mi tiri indietro davanti alle responsabilità della vita. Costruisci in me un edificio di speranza certa, avvolgimi con la tua forza onnipotente, da ai miei pensieri una marcia in più nella fede che accetta l'imprevedibile, e si gioca tutto sulla tua Parola. O Gesù dolcissimo, fammi essere volto radioso di speranza per gli ultimi, seme nascosto che marcisce per dare frutti, mano amica capace di alleviare le sofferenze, i drammi, le tragedie che scuotono la città. Maria di Nazaret, fá che brilli la luce amica della verità davanti ai miei occhi credenti. Che io sappia amare la vita guardare oltre e naufragare nell'eterna meta del mio cammino. Morte, giudizio, inferno, paradiso verità solari, pensieri amici, dolce abbandono nel Dio Padre misericordioso accompagnino il cammino sofferto e gioioso della vita, illuminata, sostenuta, guidata da questa umile e preziosa compagna: la speranza.

Amen.



Schede


LA VITA MORALE


 

"Maestro che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?" (Mt. 19,16b). Ecco una delle domande che per il credente segnano l'inizio dell'interrogativo morale o etico. Intendiamoci, innanzitutto, su cosa significhino i termini "morale" ed "etica" che pur essendo spesso usati come sinonimi conservano, per alcuni autori, sfumature diverse. La lingua italiana intende per "etica" quella parte della filosofia che ha per oggetto la determinazione della condotta umana e la ricerca dei mezzi atti a concretizzarla; con il termine "morale" si indica ciò che concerne le forme e i modi della vita pubblica e privata in relazione alla categoria del bene e del male. Dire "vita morale" sarà innanzitutto dover operare un discernimento tra ciò che è bene e ciò che è male, quindi per i cristiani, mettersi in ascolto attento della Rivelazione (Gen 2,16-17) il cui insegnamento dice che "il potere di decidere del bene e del male non appartiene all'uomo, ma a Dio solo"1, proprio in questa prospettiva il Concilio Vaticano II insegna a "cercare la soluzione dei problemi umani alla luce della Rivelazione, ad applicare queste verità eterne alle mutevoli condizioni di questo mondo e comunicarle in modo appropriato agli uomini contemporanei" per questo l'invito a porre "speciale cura nel perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica, più nutrita della dottrina della sacra Scrittura, illustri la grandezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo".2 Si tratta di radicarsi in Cristo. Gesù non ha però lasciato un sistema di dottrine morali, ha lasciato se stesso. E' lo Spirito del Risorto il principio della vita nuova, Spirito che non ispira un nuovo codice di comportamento ma che "ricorda" ai discepoli le parole di Gesù (Gv 14,26). Per questo sono stati scritti i Vangeli: per ricomprendere, nella luce del Cristo risorto, parole e azioni di Gesù durante la sua esistenza terrena. Due gesti riassumono il senso e la portata della prassi di Gesù: egli siede a tavola con i peccatori e moltiplica i pani per sfamare la folla. Mangiando con i peccatori, Gesù proclama che Dio è tornato vicino all'uomo, che il regno di Dio è presente nella forma di parola che perdona e chiama a conversione, che è finito il tempo di aspettare ed è venuto il tempo di decidere: con lui o contro di lui. Moltiplicando i pani (e così con gli altri segni messianici) Gesù dichiara che la grazia e l'esigenza del perdono non sono circoscritte all'interiorità dell'uomo ma destinate a trasformare il suo mondo. Il cuore riconciliato deve riconciliare i corpi e, attraverso di essi, i rapporti con uomini e cose.4 La sequela è la categoria attorno la quale si raccoglie con verità e con vigore espressivo la realtà della vita morale come esistenza in Cristo. Seguire Gesù comporta l'imitazione della sua prassi, riletta nella storia che ci troviamo a vivere, e l'accettazione del suo insegnamento, mediato e reso attuale dal Magistero. La morale cristiana è così il prolungamento nella storia della prassi messianica di Gesù. La vita morale del credente non si ispira, quindi, ad un sistema di norme quanto piuttosto al progetto morale contenuto nei testi del nuovo Testamento le cui caratteristiche possono riassumersi in tre aspetti:5
  • La motivazione religiosa che, a livello del Gesù storico, coincide con l'annuncio del Regno di Dio (o dei cieli) che si è fatto vicino. I discepoli di ogni tempo sono quelli che seguono Gesù condividendone il destino e assumendo l'insegnamento, le scelte e gli orientamenti di lui come criterio organizzativo della propria esistenza nei vari ambiti o situazioni storiche e vitali. E' la relazione con il Signore Gesù per mezzo della fede che offre il criterio di discernimento delle scelte etiche da attuarsi nei diversi ambiti personali, ecclesiali, sociali e pubblici.
  • La dimensione interiore e personalizzata espressa con il vocabolo e la nozione di coscienza. "Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato"6.
  • Il principio dell'incarnazione. Dio si rivela dentro la storia e all'interno dei processi culturali; in sintonia con questa logica della rivelazione e dell'incarnazione, per formulare le indicazioni morali (così come le norme specifiche) bisogna dialogare con la "cultura"7 mantenendo il contatto con le situazioni storiche e vitali in cui gli uomini si trovano a vivere. Non si dimentichi che la riflessione morale è elaborata nel contesto di una cultura concreta, storicamente e geograficamente situata. Bisogna realizzare, con lucidità e coraggio, una sintesi dinamica tra fede ed impegno storico, "alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero"8.
Nel contesto di rapida evoluzione culturale in cui viviamo il confronto con il nucleo della morale neotestamentaria può far riscoprire le radici e le motivazioni profonde per elaborare gli orientamenti e le norme etiche che ispirano e guidano l'esistenza cristiana. Non possiamo inoltre dimenticare, nel rispetto per tutti gli uomini e per tutto l'uomo, coloro che non professano la fede in Cristo e non appartengono alla Chiesa, tutti quegli uomini di buona volontà a cui spesso hanno fatto riferimento gli ultimi Pontefici, a tutti e a ciascuno interessa "salvare l'uomo ed edificare l'umana società"9, trovano questi nella coscienza, il luogo dove si uniscono con i cristiani per cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale.10 Vita morale, quindi, che non scaturisce da un arido volontarismo ma da un autentico "itinerario della mente in Dio" rimanendo attenti alle piccole cose, consapevoli che "non basta fare opere buone, ma bisogna farle bene. Acciocchè le opere nostre siano buone e perfette, è necessario farle col puro fine di piacere a Dio".11

INTERROGHIAMOCI


  1. Cosa intendiamo per "morale"? Ne abbiamo, forse, l'immagine di una vecchia zitella pedante e brontolona?
  2. Nel nostro dire (conversando o confrontandoci con altri) e nel nostro ascoltare (catechesi, omelie, conferenze, programmi televisivi) quale idea e immagine di vita morale emerge?
  3. Siamo consapevoli che le nostre scelte e le nostre azioni (private e comunitarie) affrettano o rallentano l'avvento del Regno?
  4. Cosa è di ostacolo e cosa favorisce scelte di vita compatibili con il Vangelo?
  5. Cosa significa per la nostra vita la scelta preferenziale per i poveri operata da Gesù?
  6. Cosa può significare "inscrivere le legge divina nella vita della città terrena" per la comunità cristiana e per tutti gli uomini di buona volontà che sono in Trapani? Quali le strade percorribili a livello personale, ecclesiale, cittadino?


La Parrocchia


La Parrocchia è tra le istituzioni storicamente, sociologicamente e pastoralmente più importanti della struttura ecclesiastica. La comunità cristiana si è modellata nel tempo in questa forma storica ed è regolata dall'ordinamento canonico, che la definisce Chiesa locale. L'articolazione della Chiesa in parrocchie è funzionale ed è teologicamente ed ecclesiologicamente vincolante e necessaria solo in rapporto alla Diocesi. Chiesa locale in senso pieno è, infatti, la diocesi; in essa principio visibile di unità è il Vescovo. La dimensione misterica della Chiesa non può essere circoscritta nello schema della parrocchia concepita come "luogo" a cui tutto deve fare riferimento e a cui deve essere ricondotta ogni espressione della vita cristiana. Una riorganizzazione delle parrocchie più rispondente alla realtà concreta del territorio (circoscrizioni più ampie, interparrocchialità, unità pastorali, ecc.) favorisce un più fecondo rapporto tra parrocchia e altre forme di vita ecclesiale. La parrocchia, a volte, si presenta come una comunità anonima appesantita da un apparato burocratizzato. In tale contesto è difficile che si realizzi una vera e convinta appartenenza alla Chiesa. Occorre una ristrutturazione della parrocchia capace di misurarsi con il pluralismo culturale, il relativismo morale, la fede vacillante e dubbiosa, mista a strane credenze, il disorientamento esistenziale e di porsi come punto di riferimento sicuro. Non risulta pastoralmente significativa e convincente l'appartenenza ad una entità anonima, la quale non offre spazi vitali per autentiche esperienze ecclesiali. La parrocchia è e deve tendere ad essere comunità. (Cfr. SC 42; CD 30; AA 10, 18,30; AG 37). Il C.J.C. afferma: "La parrocchia è una comunità di fedeli stabilmente costituita all'interno della Chiesa particolare" (can. 515,1). La dimensione territoriale della parrocchia non fornisce solamente un criterio amministrativo all'organizzazione della vita ecclesiale, bensì chiama la comunità cristiana a misurarsi direttamente con la dimensione storica concreta della popolazione che risiede nel quartiere o nel villaggio sulla quale essa è "situata", (...) la comunità parrocchiale è necessariamente condizionata dalla cultura specifica della popolazione da cui nasce ed è determinata nella sua missione dal primo e principale interlocutore del suo annuncio e del suo dialogo che è la popolazione del territorio in cui essa abita". (S. Dianich, La teologia della parrocchia, p. 83). La parrocchia ha vissuto momenti di crisi, ma oggi la situazione sembra più chiara. Sono maturate nel tempo soluzioni che rispondono meglio al compito affidato a questa istituzione. Le unità pastorali e le interparrocchialità appaiono piste da seguire per una più profonda incisività dell'azione pastorale. Dove queste formule funzionano si è avuta una maggiore rivitalizzazione sia a livello sacerdotale che a livello pastorale. Sono strade percorribili che è opportuno che vengano potenziate.

INTERROGHIAMOCI


I presbiteri e i fedeli come vedono e vivono la parrocchia? Quali sono le prospettive per il futuro? Quali sono i suggerimenti e le proposte per una maggiore efficacia di questo strumento pastorale? Segnala i pregi e i difetti delle esperienze delle unità pastorali e delle interparrocchialità.
  1. La parrocchia e le associazione di laici. Il can. 529,2 raccomanda ai parroci la necessità di valorizzare il ruolo dei laici e di favorire l'associazionismo. Chiediamoci:
    • viene riconosciuto e promosso il ruolo che i fedeli laici, a livello personale e associativo, hanno nella missione della Chiesa?
    • In che modo ci si impegna a favorire la comunione parrocchiale, interparrocchiale e diocesana?
  2. L'iniziazione cristiana. Alla parrocchia appartiene la responsabilità primaria della Iniziazione Cristiana (Cfr. Nota UCN Il Catechismo per l'iniziazione Cristiana ECEI 5 n.289). Chiediamoci:
    • Nelle parrocchie viene elaborato un piano pastorale organico di Iniziazione Cristiana?
    • La pastorale per i ragazzi è adeguata al loro vissuto e consona ai bisogni della loro crescita umana e di fede?
  3. Il Giorno del Signore. La parrocchia è una comunità eucaristica, "ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa" (Cfr. Christifideles laici n.26, ECEI 5 n.1563). Chiediamoci:
    • la celebrazione dell'Eucaristia domenicale costituisce il centro della comunità parrocchiale, epifania del mistero della Chiesa, comunità di fede organicamente articolata?


Presenza nel sociale e nel politico


Il cristiano guarda al futuro al di là della storia, all'Eterno. La componente escatologica della sua fede lo proietta in questo futuro e nella speranza già glielo offre. Perciò il cristiano vive nella storia sempre orientato ai beni eterni di cui già gode nell'oggi. Lo sguardo al futuro non disimpegna il cristiano dal vivere l'oggi, ché anzi lo motiva all'impegno per la costruzione di una società più giusta, più aperta ai veri valori dell'uomo. Infatti proprio il conoscere attraverso la sua fede la realtà futura di pienezza, gli fornisce il criterio per discernere e giudicare la storia, le sue mancanze e inadeguatezze e lo impegna nella costruzione di una realtà sempre più umana. Perciò lungi dall'essere "oppio", la fede cristiana esige l'impegno nell'oggi, nella storia e nella società in ogni suo ambito compreso quello politico che di questo impegno rappresenta una delle espressioni più alte. Quest'impegno non può essere disgiunto da un grande sforzo morale perché il credente incarni i valori del suo credo, la comunità diventi profezia, annuncio di una speranza che non delude, che oggi propone i segni del nuovo, della "novità" di Dio che irrompe nella storia per orientarla verso il suo compimento. Questa "novità" con l'incarnazione del Verbo, in maniera definitiva e continua, è perennemente riproposta all'uomo perché insieme a Dio costruisca un mondo sempre più pieno di futuro, esemplato a quello che verrà che non sarà più sotto il segno della caducità della storia ma vivrà alla luce della gloria dell'eternità. L'uomo è animale politico, afferma il saggio greco, sottolineandone così gli aspetti evidenti: la sua corporietà e i suoi bisogni biologici e la sua propensione a vivere e operare con gli altri. Il cristiano va oltre: è l'uomo che ha fatto esperienza che anche nella sua fisicità si avvicina sempre più a Dio che agli animali e che nelle sue esigenze più intime, anche nell'amore verso il suo simile, sente la nostalgia di Dio e di quel mondo da cui proviene e verso cui si dirige. Il suo tempo sulla terra diventa perciò tempo d'impegno per realizzare quello che già conosce: l'ordine nuovo dell'escaton che il cristiano vede già nella fede e possiede già nella speranza. Perciò è nella costruzione di un mondo e di una società nuova che il cristiano è chiamato a edificare, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, ci dev'essere sempre posto per la novità e per il futuro. La presenza del cristiano, nella cui fede c'è la memoria e c'è il futuro, diventa profezia che annuncia il giudizio di Dio su un mondo vecchio in cui la politica è potere e non servizio, il sociale è asservimento e non condivisione, l'azione è per il guadagno e non per il valore. Con la presenza coerente del cristiano e della comunità credente, Dio giudica la storia e annuncia all'uomo la possibilità di un mondo rinnovato. la comunità credente testimonia ad un mondo che ha pretese autarchiche, che presume di potersi governare, costruirsi e reggersi senza Dio e al di fuori di Lui, che ha la sua forza nel potere e nella ricchezza, che la perenne forza creatrice di Dio è capace di abbattere continuamente le pretese umane per indirizzare sempre alla costruzione di un mondo nuovo, aperto allo Spirito, ai fratelli, al creato, teso all'uguaglianza, alla giustizia, alla verità. In questa lotta il cristiano ha la certezza della vittoria per mezzo della speranza che non delude.

INTERROGHIAMOCI


La comunità cristiana è chiamata a testimoniare la speranza che non delude nella società e nella storia. La nostra comunità promuove la presenza dei cristiani?
  1. Nel sociale attraverso
    • volontariato assistenziale (promozione di servizi,
      partecipazioni alle associazioni, sollecitazione
      e dialogo con i servizi degli enti pubblici proposti)
    • volontariato ambientale (iniziative che promuovono
      la sensibilità verso i temi dell'ecologia, il rispetto
      e la salvaguardia della natura e del creato)
    • movimenti d'opinione sui grandi temi d'attualità
      (pena di morte; manipolazione genetica; aborto;
      mine; commercio equo e solidale; cancellazione
      del debito estero dei paesi poveri etc...)
    • volontariato culturale (impegno nei circoli e nelle
      associazioni culturali, nel mondo dell'arte
      e dell'estetica, nei mass media, nei servizi
      di volontariato a favore dei beni culturali ed ambientali)
  2. Nella scuola e nel mondo del lavoro attraverso
    • identità propria del docente cristiano
      e forme di presenza organizzata
    • associazionismo e organizzazioni studentesche
    • organismi di partecipazione nelle scuola
      (consiglio d'istituto - di classe)
    • promozione della giustizia nei rapporti di lavoro
    • inserimento nelle associazioni di categoria
      e dialogo con i sindacati
  3. Nel politico attraverso
    • Formazione di una coscienza alla carità politica
      (la guida delle società è una delle forme
      di esercizio della carità richiesta al cristiano)
    • Consigli di quartiere
    • Formazione tecnico - legislativa - morale
      per gli aspiranti amministratori e politici
    • Accompagnamento spirituale agli amministratori
      e politici del territorio (necessità di vivere la fede
      e testimoniarla con una coerenza di vita anche
      in questo difficilissimo ambito)


ESCATOLOGIA

"Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà"

L'escatologia (da éschata = le cose ultime) è la parte della Teologia che si occupa di ciò che avverrà alla fine, quando si concluderà la parabola umana che va dalla Creazione (cfr. Gen 2-3) alla Nuova Creazione (cfr. Ap 21-22). Nell'AT non troviamo né il termine, né alcuna descrizione fantastica dell'aldilà, perché per l'uomo biblico esiste una sola realtà, quella dell'essere con Dio, verso cui tutto tende. L'uomo biblico vive nel tempo, inteso non come un concetto astratto, bensì come il susseguirsi dei fatti e degli eventi che, messi insieme l'uno dopo l'altro, costituiscono la storia all'interno della quale JHWH opera con azioni che sono tutte di salvezza. Per questo il pio Israelita celebra la creazione come atto salvifico e redentivo, assieme all'esodo, vissuto come l'atto di liberazione per eccellenza non solo per il popolo, ma anche per il singolo uomo. All'interno della storia però si sperimenta anche la presenza del peccato, che storicamente si manifesta in maniera forte durante il periodo della monarchia, quando la decadenza morale e politica porta il popolo al disastro dell'esilio con la deportazione a Babilonia e la perdita della Terra e del Tempio. In questo periodo, in cui si realizza l'abominio della desolazione, i profeti leggono nella storia passata le cause scatenanti della sofferenza del presente e annunciano il realizzarsi di una nuova creazione e una nuova liberazione (cfr. Is 40-55) che si attuerà pur sempre nella storia, ma mediata, questa volta, da un personaggio anonimo che si fa strada sotto diversi aspetti - l'Emmanuele (Is 7,10-14), il Germoglio giusto (Ger 23,5), il Dominatore (Mi 5,1), il Servo di JHWH (Is 53) - che vengono unificati nella figura del''Figlio dell'uomo' (Dan 7,13,14) che verrà come giudice alla fine della storia e del tempo.
Nasce così l'escatologia messianica, centrata attorno alla persona del Messia, l'inviato di JHWH, l'atteso.
Il tutto viene proiettato nel tempo, ma un tempo imprecisato, definito come 'quel giorno' (cfr. Is 4,2; 7,18; Ger 8,9) , che coincide con il "giorno di JHWH" , giorno di gioia e di festa, ma anche giorno di tenebra e non luce (Am 5,18.20). Si profila così un futuro fondato su valori etici: il mondo nuovo che si realizzerà si fonderà sulla giustizia, sulla pace e sull'armonia e solo i giusti vivranno in esso. Anche il luogo della gioia senza fine che attende l'uomo viene rivisitato e sarà la città di Gerusalemme che riceverà come un nuovo statuto e sarà fondata sulla giustizia e sulla fedeltà a JHWH, che sarà l'unico e vero Re. Quello che emerge è quindi un evolversi della storia di questo mondo, che ad un certo punto riceverà la svolta definitva, per ritrovarsi trasformata e rinnovata.

Nel Nuovo Testamento Gesù si colloca sulla linea dei profeti: la sua predicazione è tesa ad annunciare la salvezza, che per un verso è già presente, ma d'altra parte deve ancora trovare la sua piena realizzazione. C'è però, nelle parole di Gesù, un superamento del piano intra-mondano, perché il Regno annunciato supera la storia, è una realtà trascendente perché viene da Dio, ma nello stesso tempo l'uomo è chiamato a collaborare alla sua venuta. Nel Regno di Dio, descritto come un festoso banchetto di nozze, tutti siamo invitati, ma per entrare c'è una sola condizione: dobbiamo avere l'abito nuziale (Mt 22,12) senza il quale saremo gettati fuori dal banchetto, per andare nel luogo in cui 'è pianto e stridore di denti' (Mt 22,13). Non dobbiamo dimenticare, infatti, che al tema del Regno è legato anche quello del giudizio di Dio (cfr. Mt 25,31-46). Questo punto è forse quello più difficile da capire: come si può conciliare l'idea di un Dio Amore con quella di un Giudice severo? Lui, che ha donato suo Figlio per la salvezza di tutti noi, non avrà misericordia per gli altri figli che nelle difficoltà del mondo si sforzano di mantenersi fedeli al suo comandamento di amare? Ed ecco la risposta che ci dà lo stesso Gesù: 'Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunciato lo condannerà nell'ultimo giorno' (Gv 12,48). E' l'annuncio di un auto-giudizio: sarà il confronto con la sua parola che ci permetterà di valutare se e in che misura saremo stati degni di entrare nel Regno che ci è stato definitivamente aperto con la morte e la Risurrezione di Gesù. Su questo punto così si esprime S. Paolo quando esorta i cristiani di Colossi: 'non cessiamo di pregare per voi... perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto' (Col 1,10), e godere delle meraviglie che Dio ha operato quando 'ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati' (Col 1,13-14). Cristo, salvezza nostra, è l'intermediario tra noi e il Padre che lo ha mandato e per avere donato la sua vita in obbedienza alla volontà del Padre può dire a ogni credente: ''io lo risusciterò nell'ultimo giorno' (Gv 6,44).

La Chiesa, consapevole dei dubbi e delle incertezze che circondano questo tema così fondamentale per la vita cristiana, "considera come appartenente alla sua essenza di fede i seguenti punti:
  1. La Chiesa crede (cfr. Credo) ad una risurrezione dei morti.
  2. La Chiesa intende tale risurrezione come riferentesi all'uomo tutto intero; per gli eletti questa non è altro che l'estensione agli uomini della risurrezione stessa di Cristo.
  3. La Chiesa afferma la sopravvivenza e la sussitenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotata di coscienza e di volontà... per designare il quale la Chiesa adopera la parola <<anima>>, consacrata dall'uso della Sacra Scrittura e della Tradizione.
  4. La Chiesa, conformemente alla Sacra Scrittura, attende <<la manifestazione glorioso del Signore nostro Gesù Cristo>> (Cost. dogm. Dei Verbum I,4).
  5. La Chiesa, in fedele adesione al Nuovo Testamento ed alla Tradizione, crede alla felicità dei giusti, i quali saranno un giorno con Cristo. Essa crede che una pena attende per sempre il peccatore, il quale sarà privato della visione di Dio. Essa crede, infine, per quanto concerne gli eletti, ad una loro eventuale purificazione che è preliminare alla visione di Dio ed è, tuttavia, del tutto diversa della pena dei dannati. E' quanto la Chiesa intende quando parla di Inferno e di Purgatorio.
(...) Né le Scritture, né la teologia ci offrono lumi sufficienti per una rappresentazione dell'aldilà. Il cristiano deve tener fermi saldamente due punti essenziali: egli deve credere, da una parte, alla continuità fondamentale che esiste, per virtù dello Spirito Santo, tra la vita presente nel Cristo e la vita futura; (...) ma, d'altra parte, il cristiano deve discernere la rottura radicale tra il presente ed il futuro in base al fatto che al regime della fede, si sostituisce quello della piena luce; noi saremo col Cristo e <<vedremo Dio>> (cfr. 1Gv 3,2), promessa e mistero inauditi in cui consiste essenzialmente la nostra speranza". (Documento su alcune questioni concernenti l'Escatologia, S. Congregazione per la Dottrina della Fede, 17 maggio 1979).

Per l'approfondimento

  • Cost. dogm. Lumen Gentium, nn. 48-51
  • Cost. dogm. Gaudium et Spes, nn. 18; 21; 39
  • Enc. Dives in Misericordia, 30 novembre 1980, n.8.
  • La Verità vi farà liberi, CdA nn. 276-277; 406-408; 1171-1174; 1181-1182.
  • Enc. Redemptoris Missio, 7 dicembre 1990, nn.12-20.


Interroghiamoci

  • Sappiamo leggere i fatti del mondo come inseriti in un "progetto" che Dio vuole realizzare con l'uomo o nonostante l'uomo?
  • Siamo coscienti del fatto che già nel presente costruiamo la realtà futura, personale e comunitaria?
  • Crediamo con certezza alla 'risurrezione della carne' come affermiamo nel Credo?
  • Crediamo all'esistenza del Paradiso, del Purgatorio e dell'Inferno? In base a quali ragioni?
  • A che punto siamo con il nostro 'abito nuziale'? Lo stiamo preparando? Cosa facciamo o pensiamo di fare a questo scopo?