Convegno Ecclesiale Erice
Condividi
giovedì 24 agosto 2000
S. Messa Il Veggente di Patmos, nel brano dell'Apocalisse appena ascoltato, ci introduce nella visione affascinante della chiesa di Cristo: "Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello"(Ap.21,9). Sarà la grande montagna il luogo da dove si potrà scorgere Gerusalemme, la città santa che appartiene al Signore. Scende dal cielo, ha lo splendore di Dio, possiede mura solide e dodici porte. Alle porte stanno dodici angeli con scritti i dodici nomi delle dodici tribù d'Israele. Le mura poggiano su dodici basamenti e su ciascuno è scritto il nome di uno dei dodici apostoli dell'Agnello. La chiesa di Cristo, nelle note fondamentali che noi crediamo ed affermiamo solennemente nel simbolo della fede, è apostolica. Questo tratto caratteristico della chiesa è possibile scorgerlo a condizione che ci poniamo nel piano della fede, è questa montagna alta la fede da cui è possibile scorgere il meraviglioso impianto della chiesa. All'analisi della critica razionalistica la chiesa appare come una delle tante realtà prodotte da spiriti illuminati e destinata a spegnersi inesorabilmente col tempo, a esaurirsi via via lungo il suo cammino. La chiesa che è il prolungamento di Cristo nel tempo della storia noi la crediamo eterna come Cristo, indefettibile e santa. Nella memoria liturgica di S. Bartolomeo apostolo questo brano dell'Apocalisse ci introduce e ci svela il mistero della chiesa nella nota essenziale dell'apostolicità. Natanaele di Cana di Galilea è uno dei dodici apostoli, quei dodici che Gesù chiamò e volle che stessero con sé in un rapporto di amicizia profonda, ai quali svelò più profondamente il mistero della sua vita, che associò a se nella missione ricevuta dal Padre e per questo inviò su di loro il suo Spirito e li consacrò ministri del Regno, che inviò nel mondo intero per predicare la buona novella, santificare e fare di tutte le genti un solo popolo. La festa di S. Bartolomeo, apostolo e martire per Cristo, ci invita a riflettere su questo valore fondante la chiesa: l'apostolicità. Siamo chiamati a vedere e comprendere la comunione vitale che c'è tra questi eletti con Cristo e con noi, come mediatori del Vangelo. Chi è l'apostolo? Una sola realtà con Cristo. "Io vi ho scelti"(Gv.15,19). "Chi ascolta voi ascolta me"(Lc.10,16). "Li chiamò apostoli"(Lc.6,13) cioè inviati, messaggeri, missionari. "Come il padre ha mandato me, così anch'io mando voi"(Gv.20,21), "Andate, predicate il Vangelo ad ogni creatura"(Mc.16,15). Tra Dio e la chiesa c'è un vincolo profondo che relaziona e congiunge l'umanità a Cristo, ed è Cristo che congiunge questa umanità alla Trinità Santissima. E' questa catena che assicura l'appartenenza della chiesa a Cristo che si prolunga nei secoli fino a noi. Non è lecito cambiare o sopprimere nessun anello della catena: la Trinità Santissima è eterna, Cristo è ieri, oggi e sempre e fino alla fine dei tempi Egli promette la sua indefettibile assistenza "Io sono con voi fino alla fine del mondo"(Mt.28,20). Dio eterno, Cristo immortale nei secoli, il corpo apostolico indefettibile, il popolo fedele è questo l'ordine evangelico, sono questi gli anelli della catena. L'apostolicità ci assicura che la chiesa deriva da Cristo, dal meraviglioso disegno del Padre, che va oltre lo spazio temporale dell'esistenza terrena di Cristo, ci svela l'universalità nella missione degli apostoli "fino alla fine del tempo"(Mt.28,20) e l'infallibilità del magistero "Lo Spirito di Verità vi insegnerà ogni cosa"(Lc.12,12). Nasce da qui la successione apostolica e di conseguenza il patrimonio di dottrina, di disciplina e di civiltà che chiamiamo tradizione. Nasce da qui la storia bella, significativa, affascinante della chiesa che, in quest'oggi così carico di speranza, ci vede protagonisti di storia di salvezza per gli uomini del nostro tempo. La chiesa come Cristo svela al mondo il volto paterno e misericordioso di Dio, loda e ringrazia, celebra l'amore eterno di Dio, proclama alle nazioni l'immenso amore del Padre, non si stanca mai di pregare, adorare, lodare. "Benedetto Il Signore, gloria del suo popolo"(Sl.144). La chiesa ha bisogno dell'eccomi generoso, entusiasta, radicale di chi viene chiamato da Dio ad una missione particolare. Il modo in cui Dio chiama è diverso da persona a persona. Il tramite della chiamata all'apostolato di Natanaele è Filippo. "Filippo trovò Natanaele e gli disse: abbiamo trovato il Messia, è Gesù di Nazaret"(Gv.1,45). La reazione di Natanaele è fredda e distaccata, è la reazione di chi è avvezzo a passare al vaglio della ragione ogni cosa e non vede come possa da Nazaret venire nulla di buono. Incalza Filippo: "Vieni e vedi"(Gv.1,46). Filippo stuzzica la curiosità di Natanaele che si trova coinvolto in un incontro da lui non voluto, ma da Cristo preparato da sempre."Gesù vide venire Natanaele e disse: questo è un vero Israelita un uomo senza inganno"(Gv.1,47). La meraviglia di Natanaele a queste parole lo fanno capitolare, egli si arrende davanti a Cristo, pronunzia il suo eccomi, "Maestro tu sei il Figlio di Dio"(Gv.1,49); comincia per lui la storia affascinante del discepolato, della missione apostolica. In quel "vieni e vedi" si gioca l'esistenza di Natanaele, su quella provocazione, su quell'invito semplice a sperimentare, a rendersi conto di persona si costruisce la storia dell'apostolo coraggioso, fedele testimone di Cristo fino al martirio. La pastorale vocazionale dovrebbe scommettersi su questa provocazione: "Vieni e vedi". Cosa abbiamo da far vedere? Cristo. Questo è l'unico modo per creare discepoli del Signore: -mostrare Cristo, dire Cristo oggi, sperimentare e far sperimentare la gioia di essere con Lui, di vivere nella sua amicizia e nel suo amore. Stare con Gesù, vivere con Lui è delizia,
è forza,
è entusiasmo,
è gioia. Stare con Gesù, dalla sua parte
è scegliere il Vangelo come stile di vita,
è scommettersi sul Vangelo,
è camminare alla sua luce,
è attualizzare il suo messaggio,
è dare significato al mistero
della vita dandole la prospettiva dell'oltre, caricandola della speranza certa. In fondo in fondo la chiesa null'altro è chiamata a fare se non questo: mostrare, svelare, testimoniare, celebrare Cristo. Il discepolato è questione di coinvolgimento nella ricerca e nel dialogo con Cristo che ha segnato per ognuno un tempo per la conversione e la sequela di Lui. Vogliamo vedere Gesù è la richiesta che ci raggiunge, oggi come ieri, dal profondo del cuore dell'umanità pellegrina nel mondo. "Non abbiate paura di seguire Cristo" continua a ripetere l'indomito Giovanni Paolo II a giovani e meno giovani. "Non abbiate paura di essere santi, non abbiate paura di consacrarvi a Dio nella donazione totale". Questo servizio dell'apostolo alla Verità ci mostra la necessità di apostoli santi, preparati, gioiosi. Pregare e operare per le vocazioni al sacerdozio è dare una marcia in più al cammino della nostra chiesa.

Erice 24 agosto 2000