OMELIA S. MESSA IN COENA DOMINI
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giovedì 28 marzo 2002
Il triduo sacro della settimana santa ci conduce nel Cenacolo dove Gesù, ardendo dal desiderio di celebrare la Pasqua con i suoi, vive con gli apostoli in un'intimità carica di affetti, di memoria e di fede la sua offerta al Padre e prepara gli apostoli con gesti e parole alla sua grande ora. La Pasqua è l'evento centrale di tutta la vita di Cristo, per il quale Egli Verbo eterno del Padre si è incarnato. I trentatre anni della vita terrena sono stati una preparazione a questo evento. Nella Pasqua, mistero di morte e di resurrezione, si focalizza l'interesse di Gesù venuto sulla terra per sconfiggere la morte e donare la vita. La chiesa riceve il suo battesimo nel mistero pasquale. La Pasqua è il cuore di tutta la sua esperienza, è la fonte del suo essere, è la ragione del suo esistere. Senza Pasqua non c'è chiesa, non c'è salvezza. La chiesa, vivendo il mistero della Pasqua, diventa strumento di salvezza per l'umanità. Il cenacolo è il luogo teologico della nascita della chiesa, è lo spazio vitale nel quale il Figlio i Dio e della Vergine Maria di Nazaret con la solennità di un atto fondativo dà agli apostoli il doppio mandato del servizio, memoriale della carità, e dell'Eucaristia, memoriale della Pasqua. "Come ho fatto io, facciate anche voi"(Gv.13,15) "fate questo in memoria di me"(Lc. 22,19). Partendo dalla realtà cenacolare, in quest'anno pastorale, lo Spirito ci ha chiamati a riflettere e a ripensare la pastorale delle nostre comunità ecclesiali. Il gesto umile, proprio dei servi, di lavare i piedi degli apostoli viene compiuto da Gesù come un gesto liturgico, che ha valenza sacramentale: "se non ti laverò, non avrai parte con me"(Gv.13,8). Gli apostoli non sono totalmente purificati, non sono ancora pienamente posseduti dalla grazia, tant'è che da lì a poco, presi dalla paura, lo abbandoneranno, lo lascieranno solo a sostenere il peso della passione. Il grembiule è l'abito sacerdotale per eccellenza, è la veste regale che una volta indossata Cristo non dismette più, è il segno di un amore grande, totalitario, vero: "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana"(Fil.2,7). Il farsi uno di noi, condividendo tutto della natura umana, fuorchè il peccato ci rende Gesù vicino, a noi prossimo, fratello e compagno nel cammino della vita, buon Samaritano, cireneo che si fa carico dei problemi, delle ansie e delle speranze dell'uomo. Cristo, Dio con il Padre e con lo Spirito Santo, è uomo con gli uomini. E' questo il fatto sconvolgente, straordinario ed unico che ha segnato la storia in maniera definitiva e le ha dato una svolta. Dio si è fatto come noi per farci come Lui Dio si è chinato sull'uomo e, nell'abisso del suo amore, Lui onnipotente e infinito si è fatto debole, povero e schiavo. Nel cenacolo c'è il trionfo dell'amore; un amore così grande e così forte che supera ogni umano pensiero, desiderio, possibilità. "Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi questa Pasqua"(Lc.22,15). Cristo Gesù arde dal desiderio di immolarsi per l'uomo, di darsi tutto per la salvezza dell'uomo. Il momento cenacolare segna l'apice, racchiude e svela la portata dell'Evento salvifico, rappresenta l'esperienza tipo che caratterizzerà per sempre la vita della chiesa. La chiesa nasce nel cenacolo e ritma la sua esistenza sull'esperienza cenacolare. Non c'è chiesa senza Eucaristia, non c'è chiesa senza sacerdozio, non c'è chiesa senza servizio, non c'è chiesa senza l'esercizio concreto della carità. "Mandatum novum do vobis"(Gv.13,34). Il comandamento nuovo che racchiude tutta la legge e i profeti è l'amore a Dio e al prossimo. Tutto nel cenacolo parla di amore, tutto trova un'anima e un senso nell'amore, tutto è segnato dall'amore e tende a suscitare amore. La comunione nello spirito che anima la comunità dei dodici trova l'amalgama nell'amore che Cristo Gesù per il suo Spirito infonde nei loro cuori. La comunità apostolica è una comunità generata, alimentata e vivificata dall'amore di Cristo. Non è un amore sociologico, un semplice sentimento umano che intercorre tra i dodici, ma è la forza dirompente dell'amore di Dio, comunicato a ciascuno di loro, che li rende uniti, in comunione. La chiesa, mistero di comunione, riceve dall'alto questo suo modo di essere. La chiesa è segno e strumento di comunione perché l'amore di Dio la fa tale. Di questa carità dovrebbe sovrabbondare il nostro cuore perché esploda nel mondo tutta la positività dell'amore liberante e salvifico di Dio che toglie l'umanità dal baratro dell'autodistruzione, della guerra e dell'odio. L'Eucaristia è il segno, la testimonianza e la fonte della carità della chiesa. Intorno alla mensa Eucaristica si costruisce la comunità ecclesiale. Il giorno del Signore va riscoperto e vissuto come momento centrale e fondativo della vita cristiana. Una messa ben celebrata vale più di mille prediche. Celebrare Eucaristia è celebrare l'amore del Signore, vivere la Pasqua, immergerci nel mistero della Pasqua del Signore. Bisogna ben celebrare, celebrare con consapevolezza, con dignità, vivendo il mistero di morte e di vita con il fervore, l'ardore, la passione dei santi. Messe bistrattate, distratte, scialbe, non accompagnate dall'amore e dalla devozione sono messe sciupate, che non edificano la comunità dei credenti. Sacerdoti e popolo santo di Dio dovremmo puntare innanzitutto e soprattutto a vivere la messa privilegiando il giorno del Signore. Purtroppo il giorno del Signore viene sempre più spesso disatteso, ignorato, calpestato, presi come siamo dalla furia suicida del tempo che non abbiamo, dell'utile da perseguire, del pragmatico da rincorrere. Negozi aperti di domenica, lavori servili riservati alla domenica, divertimento e svago, sono tutti motivi buoni per azzerare la domenica, per svuotarla di significato. Il processo di secolarizzazione ha puntato a svilire la domenica del suo valore sacro, di giorno consacrato al Signore, giorno della Pasqua del Signore, giorno dell'Eucaristia. L'Eucaristia nella vita del cristiano deve essere valore centrale. Un cristiano degno di questo nome non può vivere senza Eucaristia, il suo operato non è autentico senza il dinamismo e la forza che solo l'Eucaristia può dare. Dall'Eucarestia partecipata ne viene fuori una comunità che vive ed esprime amore, servizio al Vangelo, testimonianza di carità. L'adorazione prolungata, alla quale la liturgia della Messa in Coena Domini ci esorta a vivere, non è una semplice devozioncina, pietistica, secondaria che va espletata con un senso quasi magico, tradizionale, con una banalità che irrita e non porta nulla di buono. Quel girare per i cosiddetti sepolcri più per ammirare gli addobbi floreali che per adorare, ringraziare e lodare Gesù Eucaristia è scandalo e può diventare atto blasfemo se chi lo compie non ci mette dentro il cuore e non si dispone a celebrare la pasqua nella grazia del Signore. Il rimprovero del Profeta al popolo d'Israele: "ho in abominio i vostri sacrifici e i vostri digiuni" potrebbe oggi risuonare così: Non mi serve e non gradisco la vostra visita non dettata da amore autentico, non sorretta dalla volontà di conversione. Che Pasqua è la nostra Pasqua se non ci convertiamo sinceramente a Dio, se non aderiamo più pienamente a Cristo, se non puntiamo più decisamente alla santità? Il cenacolo con la sua carica di amore esige un di più di fede in Gesù Eucaristia, un di più di testimonianza nell'amore e nel servizio ai fratelli, un di più di ecclesialità e di missionarietà.
O Gesù Eucaristia, cibo vero dell'anima,
ottienici la grazia di ben comprendere
che la vita cristiana senza questo necessario alimento
è anemica, priva di forza e per nulla significativa.
Dall'Eucarestia prende forza la nostra capacità di amare,
di servire, comprendere, condividere, perdonare.
Gesù veramente e sacramentalmente presente
nel mistero Eucaristico, memoriale della Pasqua,
facci essere innamorati di questo augusto sacramento,
facci vivere nel cenacolo e come comunità cenacolare
infiamma, consuma i nostri cuori della carità
che si sprigiona da te, o Gesù Eucaristia, vittima di amore
che continui a offrirti al Padre sui nostri altari
e a ripetere ai tuoi discepoli:
prendete e mangiate questo è il mio corpo,
prendete e bevete questo è il mio sangue.
Si, o Gesù Eucaristia,
vogliamo essere in adorante contemplazione di te,
in questa sera che precede l'imminente passione,
in questa sera nella quale ci dai il tuo testamento
richiamandoci al dovere dell'amore più puro verso i fratelli.
O Gesù, veramente e realmente presente
nell'augusto sacramento dell'altare
vogliamo con la tua grazia
essere anime Eucaristiche per servire la tua causa, 
la causa del Regno.
Amen.


Trapani, 28 marzo 2002