testimonianza Serena D'Angelodi Castellammare
Condividi
venerd́ 16 settembre 2005
ImageQuando don Alberto mi ha proposto “l’avventura” della GMG ho subito detto di no per i più diversi motivi: il lavoro, la mia fragilità fisica…
Comunque il fatto stesso che era stato proposto a me ed anche il guardare il volto di chi me lo aveva proposto ed al quale avevo dato una risposta negativa non mi lasciavano indifferente, continuavo a pensare e a ripensare: doveva esserci un motivo per il quale io dovevo andare a Colonia!
Allora ho deciso di buttarmi, nonostante le preoccupazioni della mia famiglia, e sono partita con l’intento di farmi coinvolgere da tutto ciò che di buono e di bello avrei riscontrato nell’esperienza.
La prima cosa che mi ha sconvolto non sono state le “cose spirituali”, ma la reazione fisica del mio stesso corpo che nonostante i 40 Km che dividono Dϋsseldorf da Colonia e l’enorme peso dello zaino (molto più pesante di me) non mi faceva sentire alcuna fatica.
Poi, casualmente (come tutte le cose più significative) mi sono imbattuta in un rapporto di amicizia vera con due dei 150 ragazzi della nostra diocesi.
Ciò che all’inizio, mi è sembrato naturale, con il passare delle ore e con l’accrescere della nostra familiarità mi ha fatto guardare a questa amicizia come un fattore “sconvolgente” della mia vita, e non per il fatto che io non abbia amicizie o non riesca a fare amicizia in maniera così rapida ma per il fatto stesso che questa amicizia era nata in maniera assolutamente gratuita, guardando nella medesima direzione.
Un altro fattore determinante è stata la nostra accoglienza all’interno delle famiglie, cosa che mi ha fatto parecchio riflettere: vedere le due persone che ci hanno accolto e che si sono prese la responsabilità di otto ragazzi sconosciuti come la cosa più naturale possibile.
Tutt’ora  mi chiedo: ma se mi avessero proposto di accogliere in casa mia, fra le mie cose, degli sconosciuti come avrei reagito?
Invece per loro siamo diventati la loro famiglia allargata, tanto da aspettarci la sera, anche tardi, per poter cenare insieme!
Per me è stato bello trovarmi coinvolta in quella folla, è stato bello far festa con persone venute da tutto il mondo, pregare con loro, scambiarci sorrisi o pacche sulle spalle. E tutto ciò che facevamo non era affatto fanatismo ma uno stare assieme nel seguire Lui in allegria. Eravamo tutti diversi, ma tutti là per lo stesso motivo, e tutti uniti per un Amico comune.
La mia Colonia è stata quella di vivere ogni momento, ogni parola ascoltata alla catechesi, lo sguardo emozionato del papa, dentro un disegno più grande e del quale io ne sono parte integrante.
Mi sono sentita anche Re Magio quando nell’andare ad accogliere il papa ci tenevamo per gli zaini in mezzo alla folla venuta solo per un unico, grande motivo e camminavamo così seguendo la scia della nostra stella cometa; e mi sono sentita anche stella cometa quando, per la veglia, stringevo fra le mani quel piccolo lumino che con milioni di altri lumini emanava una forte luce, quella luce che ti fa vedere oltre la tua meschinità.
Prima non capivo ma adesso so che sono andata a Colonia per “fare ritorno da un’altra strada”, e mi accorgo sempre più che la mia Colonia continua anche qui in tutto quello che faccio durante le mie giornate, nel vedere i volti dei miei amici di sempre, perché l’incontro fatto non mi ha lasciato indifferente, mi ha indicato una strada: la Strada.
 
Serena D’Angelo